tag:blogger.com,1999:blog-33866438613208440882024-03-01T17:07:43.938-08:00Il Salvalinguale parole dell'italiano e non soloMassimo Persottihttp://www.blogger.com/profile/10345796918405412218noreply@blogger.comBlogger580125tag:blogger.com,1999:blog-3386643861320844088.post-66538537511685104402023-08-07T05:43:00.025-07:002023-08-25T05:49:29.306-07:00In ufficio si parla inglese ma agli italiani non piace<p><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: medium;"></span></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: medium;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjE5rNUKW7bDpUSPUOVZFoMeKI5NypbnBg4Wxgub-nWDPRNzLGJDcKCY5ruCjXUwZeAMIe_4rpOuiiv9bRMzBBI7yBWefmUBSDnf5BMEp07wTDMbaaxqc1Gr57pVEl75tiQZmzT2tnOhmVOoaghmher0P-Wl5emrSbPs2prI_pYnmICCGwApRP_6DwZQ2o/s666/libero.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="232" data-original-width="666" height="111" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjE5rNUKW7bDpUSPUOVZFoMeKI5NypbnBg4Wxgub-nWDPRNzLGJDcKCY5ruCjXUwZeAMIe_4rpOuiiv9bRMzBBI7yBWefmUBSDnf5BMEp07wTDMbaaxqc1Gr57pVEl75tiQZmzT2tnOhmVOoaghmher0P-Wl5emrSbPs2prI_pYnmICCGwApRP_6DwZQ2o/s320/libero.png" width="320" /></a></span></span></div><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: medium;"><br />Conoscere l'inglese a lavoro è importante ma utilizzare certi <b>anglicismi</b> e <b>neologismi</b> può infastidire i lavoratori. È l'esito del sondaggio condotto da <b>Preply</b>, piattaforma globale per l'apprendimento delle lingue, su oltre 1000 lavoratori italiani. Lo studio è stato svolto per comprendere quali sono i termini di origine anglofona e i neologismi più utilizzati a lavoro dagli italiani, il cosiddetto <b>"Business Jargon"</b> o gergo aziendale. Ne parla il quotidiano <b>Libero</b> nell'edizione del 7 agosto 2023.<br /><br />L'obbiettivo principale era quello di verificare quanto gli italiani apprezzino l'uso comune di questi termini negli uffici e nelle conversazioni. «Se usato con moderazione il Business Jargon è utile, velocizza il lavoro e facilita la comunicazione con i colleghi», si legge sul sito di Preply. «Tuttavia, il recente e impetuoso ingresso nel parlato e nello scritto di questi anglicismi e neologismi non ha dato il tempo a gran parte delle persone di impararli, generando a volte malintesi e un senso di insoddisfazione generale tra chi non padroneggia ancora il gergo». <br /><br />Il sondaggio ha valutato quante volte gli italiani utilizzano anglicismi in ufficio durante il giorno. È emerso che gli intervistati utilizzano in media circa <b>9 anglicismi durante la giornata. </b>In particolare, quasi un terzo delle persone (28%) li utilizza poco fino a 5 volte al giorno e circa la metà delle persone (49%) li usa tra le 6 e le 10 volte al giorno nelle mail, nelle telefonate o nelle conversazioni. È raro che gli italiani non utilizzino mai termini inglesi (3%) ma sono molto pochi anche gli intervistati che utilizzano anglicismi più di 10 volte al giorno (13% tra le 11 e 20 volte, 6% tra le 20 e le 25 e 1% sopra le 25 volte). </span></span><p></p><p></p><p><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: medium;">Generalmente si può osservare come la maggior parte delle persone che utilizzano più frequentemente questa terminologia è nel <b>settore manifatturiero</b> (13 volte) e delle risorse umane (12 volte) e il contesto in cui gli anglicismi sono utilizzati più frequente sono le e-mail (35%), seguite dalle riunioni (33%) e dalle conversazioni al cellulare per ultime (18%). Tra tutti gli intervistati emerge comunque che un quarto dei lavoratori preferirebbe usare sinonimi o espressioni equivalenti in italiano per limitare il più possibile l'uso di parole inglesi anche se il 15% di questi non conosce l'equivalente italiano dei termini inglesi che vorrebbe sostituire. <br /><br />Ma quali sono allora gli anglicismi più utilizzati e i più odiati dagli italiani? Il più popolare è sicuramente <i><b>team</b></i>, che indica il gruppo di lavoro utilizzato dal 39% degli intervistati, seguito da <i>meeting</i>, ovvero riunione (con il 37%) e <i>feedback </i>(35%) usato dagli italiani per fare riferimento a un riscontro ricevuto (o fornito) su materiali, e-mail o domande specifiche. <br /><br />Nonostante sia diventata un'abitudine utilizzare alcuni termini inglesi nel linguaggio comune ci sono però alcuni anglicismi che non incontrano il favore di tutti. Il più fastidioso per gli intervistati è <i><b>ASAP</b></i>, acronimo di "As Soon As Possible", che abbrevia la dicitura "il prima possibile" e si adopera generalmente nelle comunicazioni scritte (email e messaggi) e non piace al 13% degli italiani. Seguono poi <i>briefing</i>, tradotto in breve riunione di lavoro con il 12% e il più tradizionale <i>call</i> chiamata di lavoro con 11%. La parola meno seccante invece risulta essere <i>Topic</i>, tradotto argomento, sgradita solo al 4,3% degli intervistati. <br /><br />Oltre agli anglicismi, gli italiani sono stati interrogati anche sull'utilizzo dei <b>neologismi</b>, parole nuove che derivano dall'inglese a cui sono stati affiancati prefissi o suffissi italiani, dando vita a vocaboli originali. Nei confronti di questi termini gli italiani si sono mostrati insofferenti. Il più odiato è "<b>brieffare</b>", che vuoi dire dare istruzioni, un italiano su tre non lo tollera. A seguire gli italiani detestano "sharare", tradotto in condividere e "downloadare", tradono in scaricare. Il più tollerato è invece reportistica che infastidisce soltanto il 6% degli intervistati. <br /><br />«Abbiamo voluto indagare come viene utilizzata la lingua del business, l'inglese, in diverse parti del mondo», dichiara Daniele Saccardi, Campaign Lead di Preply. «Soprattutto in Italia», aggiunge, «con l'attenzione che di recente c'è stata sull'uso di parole non italiane in documenti e contesti ufficiali, ci sembrava una ricerca pertinente». </span></span><br /></p>Massimo Persottihttp://www.blogger.com/profile/10345796918405412218noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3386643861320844088.post-74060660874919572732023-07-29T03:30:00.004-07:002023-08-21T03:38:14.403-07:00L’italiano reinventato nel "Gaddabolario"<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi3n-kEsiFoyFPK1RIZmcTjwKFaxyeRMZ3BFmCKm83l_4pKl2aTzJxD_70-InzL3f8eeX5o-oU5FjntEDL8o520kzfL-Qg5GkRBk7rVCPL9_KRA_F0fkeujZURtBy3fTbmq1cj9QeQIHsaMBcqevINb8nLwSbhfoHwwUAbvc0QMwTzTOogdXjKU41ZAGnU/s682/QN.png" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="191" data-original-width="682" height="91" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi3n-kEsiFoyFPK1RIZmcTjwKFaxyeRMZ3BFmCKm83l_4pKl2aTzJxD_70-InzL3f8eeX5o-oU5FjntEDL8o520kzfL-Qg5GkRBk7rVCPL9_KRA_F0fkeujZURtBy3fTbmq1cj9QeQIHsaMBcqevINb8nLwSbhfoHwwUAbvc0QMwTzTOogdXjKU41ZAGnU/w325-h91/QN.png" width="325" /></a></div><br />A 50 anni dalla morte (1973) e 130 dalla nascita (1893) di Carlo Emilio Gadda, esce la pubblicazione <b>"Gaddabolario. Duecentodiciannove parole dell'Ingegnere"</b> (edizioni Carocci), curata da Paola Italia e altri sessanta gaddofili che hanno raccolto le più stravaganti invenzioni lessicali dello scrittore lombardo. Ne parla oggi il <b>Quotidiano Nazionale</b>.<br /><br />«Vocaboli dialettali e stranieri, termini scientifici e triviali, vezzi eruditi, definizioni tecniche, deformazioni macaroniche, neologismi saporitissimi, stilemi personalissimi, omofonie-calembour, grotteschi ossimori, onomatopée sgangherate, tautologie barocche e brianzole, inimitabili invettive ipocondriache...», scrive <b>Alberto Arbasino</b>. Un elenco spesso divertentissimo ma che illumina sulla complessità di uno degli scrittori più importanti ma anche più ostici del Novecento. <br /><br />La curatrice del libro confessa che «a volte si ride irrefrenabilmente, fino alle lacrime». Un esempio? "<b>Cinobalànico</b>": parola formata da ciño, "cane", e balanico, derivato di balano ("glande")". Ovvero: "a e... di canel". E poi: <b>furugozzo</b>, <b>azimutale</b>, <b>gruzzolante</b>, <b>piscivùlvuio</b>, <b>fogazzaroide</b> ... <b>219 parole</b> create dall'autore di "Quer pasticciaccio brutto de via Merulana", funambolico innovatore della lingua. <br /><br />Leggendo le voci di questo inventario di neologismi e tecnicismi, si intuiscono diverse cose, come la straordinaria creatività, l'autoironia, la conoscenza enciclopedica di mondi diversissimi, dalla storia all'ingegneria, dall'arte alla matematica, la pedagogia, l'architettura, la fisica e soprattutto la filosofia.<br /><br />E anche la cucina, come dimostra la sua <a href="https://www.cucinadigusto.it/cibo-e-cultura/letture-di-gusto/il-risotto-alla-milanese-secondo-carlo-emilio-gadda/" target="_blank">ricetta del risotto alla milanese</a>, un bignami di lingua e tecnica gaddiana, di una brevità perfetta in tempi di deficit d'attenzione.<p></p><p>Leggi l'articolo integrale del <a href="https://www.quotidiano.net/magazine/litaliano-reinventato-nel-gaddabolario-b29a98bb" target="_blank">Quotidiano Nazionale</a> <br /></p>Massimo Persottihttp://www.blogger.com/profile/10345796918405412218noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3386643861320844088.post-55965378802253308252023-06-19T03:18:00.013-07:002023-08-23T03:25:02.225-07:00Arcangeli: Il linguaggio 'pop' di Giorgia Meloni tra espressività romanesca, tecnicismi e neologismi<p><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: medium;"></span></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: medium;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/iKQYbTqJfvI" width="320" youtube-src-id="iKQYbTqJfvI"></iframe></span></span></div><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: medium;"><br />"Un elemento distintivo in termini linguistici che ha contribuito al successo di Giorgia Meloni? La capacità che ha di tenere il filo del discorso. Ho esaminato centinaia e centinaia di video, non ha equivalenti nella Seconda Repubblica", così <b>Massimo Arcangeli</b>, docente di Linguistica italiana all'Università di Cagliari e autore di un libro "Il Melonario" (Castelvecchi) in cui esamina il linguaggio di Giorgia Meloni.</span></span><p></p>
<p><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: medium;">Un linguaggio, scrive Arcangeli nel libro, che unisce un'espressività romanesca speziata di qualche vocabolo che non ti aspetti con un certo numero di 'rarismi' e neologismi più o meno improvvisati.
In apertura, Arcangeli si sofferma anche su Berlusconi, "inventore di quella che ho definito la promocrazia, ha creato il linguaggio della neopolitica".</span></span></p>Massimo Persottihttp://www.blogger.com/profile/10345796918405412218noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3386643861320844088.post-25094127015783007962023-06-05T03:25:00.004-07:002023-08-23T03:40:44.697-07:00Mario Soldaini, Fondazione Treccani: La parola stupore al centro del Festival della lingua italiana<p><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: medium;"><span class="yt-core-attributed-string yt-core-attributed-string--white-space-pre-wrap" role="text"><span class="yt-core-attributed-string--link-inherit-color" style="color: #131313;"></span></span></span></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-size: medium;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/9AZIJQrJ6zQ" width="320" youtube-src-id="9AZIJQrJ6zQ"></iframe></span></div><span style="font-size: medium;"><br /><span style="font-family: arial;">Si svolge dall'8 al 10 giugno a Roma, Palazzo Braschi, il <b>Festival della Lingua Italiana</b>, organizzato dalla Treccani, giunto alla sesta edizione, ma per la prima volta a Roma.</span> </span><p></p><p><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: medium;"><span class="yt-core-attributed-string yt-core-attributed-string--white-space-pre-wrap" role="text"><span class="yt-core-attributed-string--link-inherit-color" style="color: #131313;">"Stupore è una parola simbolica - ci spiega <b>Mario Soldaini</b>, Fondazione Treccani - ci stupiamo forse troppo e male, per questo motivo la Treccani con la sua vocazione enciclopedica ha voluto riportare al centro della narrazione del contemporaneo questa parola per ridarle il giusto valore e ricominciare a stupirci meglio". </span></span></span></span></p><p><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: medium;"><span class="yt-core-attributed-string yt-core-attributed-string--white-space-pre-wrap" role="text"><span class="yt-core-attributed-string--link-inherit-color" style="color: #131313;">Ricco programma di incontri e iniziative per una edizione dedicata a <b>Luca Serianni</b>, grande linguista e filologo, scomparso improvvisamente un anno fa. Per Soldaini, suo giovane ex allievo, un ricordo commosso di Serianni.</span></span></span></span></p>Massimo Persottihttp://www.blogger.com/profile/10345796918405412218noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3386643861320844088.post-37048946687234904012023-05-15T03:27:00.010-07:002023-08-23T03:34:53.141-07:00Antonio Zoppetti e lo 'tsunami' degli anglicismi<p><span class="yt-core-attributed-string yt-core-attributed-string--white-space-pre-wrap" role="text"><span class="yt-core-attributed-string--link-inherit-color" style="color: #131313; font-family: arial;"><span style="font-size: medium;"><b></b></span></span></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span class="yt-core-attributed-string yt-core-attributed-string--white-space-pre-wrap" role="text"><span class="yt-core-attributed-string--link-inherit-color" style="color: #131313; font-family: arial;"><span style="font-size: medium;"><b><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgfhKcawRclgZdA1HhOZLXu2KaRRuRJz0eY9IgP3K0Zunldk7VZ5YNxUD9lOl03jtwXbzTeYY5-Rx7wX6MIegPZGgArDXaa4lIqMmSBOipHdomkkcPNNqsDzL3rPSYLTBfBTT2GJaRv40eL--Tckt1S-MBUYmb6Vq_-3Tn7xsXRrw4r-iK_UY6eHy57Q2Q/s1204/sl%20zoppetti.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="601" data-original-width="1204" height="193" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgfhKcawRclgZdA1HhOZLXu2KaRRuRJz0eY9IgP3K0Zunldk7VZ5YNxUD9lOl03jtwXbzTeYY5-Rx7wX6MIegPZGgArDXaa4lIqMmSBOipHdomkkcPNNqsDzL3rPSYLTBfBTT2GJaRv40eL--Tckt1S-MBUYmb6Vq_-3Tn7xsXRrw4r-iK_UY6eHy57Q2Q/w386-h193/sl%20zoppetti.jpg" width="386" /></a></b></span></span></span></div><span class="yt-core-attributed-string yt-core-attributed-string--white-space-pre-wrap" role="text"><span class="yt-core-attributed-string--link-inherit-color" style="color: #131313; font-family: arial;"><span style="font-size: medium;"><b>Antonio Zoppetti</b>, studioso della lingua italiana e in particolare delle interferenze dell'inglese sull'italiano, presenta il suo libro "Lo tsunami degli <b>anglicismi </b>- gli effetti collaterali della globalizzazione linguistica" (edito da goWare).</span></span></span><p></p><p><span class="yt-core-attributed-string yt-core-attributed-string--white-space-pre-wrap" role="text"><span class="yt-core-attributed-string--link-inherit-color" style="color: #131313; font-family: arial;"><span style="font-size: medium;">Le cifre e le statistiche di questo fenomeno, le ragioni storiche, la necessità di un riferimento autorevole per contrastarlo.</span></span></span></p><p><span class="yt-core-attributed-string yt-core-attributed-string--white-space-pre-wrap" role="text"><span class="yt-core-attributed-string--link-inherit-color" style="color: #131313; font-family: arial;"><span style="font-size: medium;"><a href="https://www.youtube.com/watch?v=AUZCEoNK9l8" target="_blank">Guarda l'intervista</a> <br /></span></span></span></p>Massimo Persottihttp://www.blogger.com/profile/10345796918405412218noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3386643861320844088.post-42576259524851377902023-05-01T03:35:00.010-07:002023-08-23T03:40:28.126-07:00Licia Corbolante: "Open to Meraviglia, slogan ibrido poco comprensibile"<p><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: medium;"><span class="yt-core-attributed-string yt-core-attributed-string--white-space-pre-wrap" role="text"><span class="yt-core-attributed-string--link-inherit-color" style="color: #131313;"></span></span></span></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-size: medium;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/LLBmEkact8g" width="320" youtube-src-id="LLBmEkact8g"></iframe></span></div><span style="font-size: medium;"><br /><span style="font-family: arial;">La nuova campagna di promozione dell'Italia nel mondo realizzata dal Ministero del Turismo chiamata "<b>Open to Meraviglia</b>" ha generato molte polemiche. </span></span><p></p><p><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: medium;"><span class="yt-core-attributed-string yt-core-attributed-string--white-space-pre-wrap" role="text"><span class="yt-core-attributed-string--link-inherit-color" style="color: #131313;">Con<b> Licia Corbolante</b>, terminologa, esaminiamo le debolezze della scelta di un slogan ibrido, con ricorso all'inglese e all'italiano, e alla scelta di 'meraviglia', parola ostica per gli stranieri. Altri aspetti problematici emersi, il sistema di traduzione automatizzata adottato e la punteggiatura variabile.</span></span></span></span></p>Massimo Persottihttp://www.blogger.com/profile/10345796918405412218noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3386643861320844088.post-16213502608096369752023-04-17T03:37:00.007-07:002023-08-23T03:40:18.409-07:00Claudio Marazzini e le nuove leggi sull'italiano: "Sono davvero politica linguistica?"<p><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: medium;"><span class="yt-core-attributed-string yt-core-attributed-string--white-space-pre-wrap" role="text"><span class="yt-core-attributed-string--link-inherit-color" style="color: #131313;"></span></span></span></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-size: medium;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/0VEGbB0KMZc" width="320" youtube-src-id="0VEGbB0KMZc"></iframe></span></div><span style="font-size: medium;"><br /><span style="font-family: arial;">Insieme a <b>Claudio Marazzini</b>, presidente dell'<b>Accademia della Crusca</b>, affrontiamo due temi al centro del dibattito in queste settimane. </span></span><p></p><p><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: medium;"><span class="yt-core-attributed-string yt-core-attributed-string--white-space-pre-wrap" role="text"><span class="yt-core-attributed-string--link-inherit-color" style="color: #131313;">Le polemiche sugli <b>anglicismi </b>e una nuova proposta di legge che prevede sanzioni pecuniarie in caso di abuso dell'<b>uso dell'inglese</b> e l'inserimento della <b>lingua italiana nella nostra Costituzione</b>.</span></span></span></span></p>Massimo Persottihttp://www.blogger.com/profile/10345796918405412218noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3386643861320844088.post-40039435834258243072023-03-27T03:40:00.018-07:002023-08-23T03:43:16.829-07:00Licia Corbolante: "Click day, un tipico caso di inglese farlocco"<p><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: medium;"><span class="yt-core-attributed-string yt-core-attributed-string--white-space-pre-wrap" role="text"><span class="yt-core-attributed-string--link-inherit-color" style="color: #131313;"></span></span></span></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-size: medium;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/M1AtMH3KDhw" width="320" youtube-src-id="M1AtMH3KDhw"></iframe></span></div><span style="font-size: medium;"><br /><span style="font-family: arial;">"<b>Click day</b>, espressione usata dal Ministero dell'Interno per indicare la giornata in cui inizia l'invio delle domande per l'ingresso di lavoratori stranieri per motivi di lavoro, è un tipico caso di <b>inglese farlocco</b> perchè nella lingua inglese non significa assolutamente nulla", lo spiega <b>Licia Corbolante</b> in occasione proprio del 'click day', la giornata del click che cade il 27 marzo. </span></span><p></p><p><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: medium;"><span class="yt-core-attributed-string yt-core-attributed-string--white-space-pre-wrap" role="text"><span class="yt-core-attributed-string--link-inherit-color" style="color: #131313;">Eccessi di <b>anglicismi</b>, <b>pseudoanglicismi </b>o casi di inglese farlocco ne abbiamo in abbondanza. Esaminiamo anche <b>Save the date</b> e <b>flat tax</b>.</span></span></span></span></p>Massimo Persottihttp://www.blogger.com/profile/10345796918405412218noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3386643861320844088.post-63543739903445438932023-03-06T05:51:00.011-08:002023-08-23T05:56:00.905-07:00Cristalli: "L'algolingua, un codice per ingannare i sistemi di moderazione delle piattaforme social"<p><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: medium;"><span class="yt-core-attributed-string yt-core-attributed-string--white-space-pre-wrap" role="text"><span class="yt-core-attributed-string--link-inherit-color" style="color: #131313;"></span></span></span></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: medium;"><span class="yt-core-attributed-string yt-core-attributed-string--white-space-pre-wrap" role="text"><span class="yt-core-attributed-string--link-inherit-color" style="color: #131313;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjBNIKW07b4T6Oy2GxBeavRCAH8l3NdEpjEIGX-C0cFucU55cItWHgzGu-aZg2SZymI65qOD1BESTwRcr1rwtDe103zwoQoFZ7cHGPuJaQiQA9IZDXW0KiW6Gj-5Y1X0P3t-HEcnLMZaKHdofLvE2sCbT-9v_Io1a53rWweiQMsRLvH6kMd04-rWsPOkU8/s1246/algolingua.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="601" data-original-width="1246" height="154" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjBNIKW07b4T6Oy2GxBeavRCAH8l3NdEpjEIGX-C0cFucU55cItWHgzGu-aZg2SZymI65qOD1BESTwRcr1rwtDe103zwoQoFZ7cHGPuJaQiQA9IZDXW0KiW6Gj-5Y1X0P3t-HEcnLMZaKHdofLvE2sCbT-9v_Io1a53rWweiQMsRLvH6kMd04-rWsPOkU8/s320/algolingua.jpg" width="320" /></a></span></span></span></span></div><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: medium;"><span class="yt-core-attributed-string yt-core-attributed-string--white-space-pre-wrap" role="text"><span class="yt-core-attributed-string--link-inherit-color" style="color: #131313;">"Le piattaforme social utilizzano sistemi sempre più sofisticati basati sugli algoritmi per intercettare parole considerate tabù e come queste parole vengono usate e condivise, se possono dar luogo a discorsi d'odio; un sitema di intelligence contro cui si è sviluppato un codice, un linguaggio nuovo chiamato algolingua, dall'inglese algospeak", spiega <b>Beatrice Castelli</b>, consulente in editoria scolastica, formatrice e linguista, che su Treccani.it ha scritto un approfondimento dal titolo "Parole del presente, parole del futuro".</span></span></span></span><p></p><p><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: medium;"><span class="yt-core-attributed-string yt-core-attributed-string--white-space-pre-wrap" role="text"><span class="yt-core-attributed-string--link-inherit-color" style="color: #131313;"><a href="https://www.youtube.com/watch?v=vGKC0xIWqA0">Guarda l'intervista</a> <br /></span></span></span></span></p>Massimo Persottihttp://www.blogger.com/profile/10345796918405412218noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3386643861320844088.post-14997840425599596452023-02-22T05:56:00.008-08:002023-08-23T06:05:56.802-07:00Nadia Terranova: "Dahl non può scrivere 'grasso'? E' ridicolo aver paura delle parole"<p><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: medium;"><span class="yt-core-attributed-string yt-core-attributed-string--white-space-pre-wrap" role="text"><span class="yt-core-attributed-string--link-inherit-color" style="color: #131313;"></span></span></span></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: medium;"><span class="yt-core-attributed-string yt-core-attributed-string--white-space-pre-wrap" role="text"><span class="yt-core-attributed-string--link-inherit-color" style="color: #131313;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiQf0ANwMsoNwF_QIvi8TUJsXRwyuH-ABbfcQIz1JP0lkcy7xzzmqQDQhUqdL1SevJ6XhfItxxRxNqrxjdfkG4J7Oim_Z9kQenhD0yWq3-tp1qLeuCGR16ZTmv0taJItzFwaEGdor1z7jst7q7C3iX29IkelxzplR7nIx3S_tKdrLv3pXRiVk7eAKGI-_8/s1094/terranova.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="610" data-original-width="1094" height="178" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiQf0ANwMsoNwF_QIvi8TUJsXRwyuH-ABbfcQIz1JP0lkcy7xzzmqQDQhUqdL1SevJ6XhfItxxRxNqrxjdfkG4J7Oim_Z9kQenhD0yWq3-tp1qLeuCGR16ZTmv0taJItzFwaEGdor1z7jst7q7C3iX29IkelxzplR7nIx3S_tKdrLv3pXRiVk7eAKGI-_8/s320/terranova.jpg" width="320" /></a></span></span></span></span></div><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: medium;"><span class="yt-core-attributed-string yt-core-attributed-string--white-space-pre-wrap" role="text"><span class="yt-core-attributed-string--link-inherit-color" style="color: #131313;">Con la scrittrice <b>Nadia Terranova</b> (per Einaudi ha scritto diversi romanzi l'ultimo dei quali "Trema la notte") parliamo della decisione della casa editrice inglese Puffin di ripubblicare i libri di <b>Roald Dahl</b> (alcune sue opere sono ormai dei classici della letteratura per ragazzi come 'La fabbrica di cioccolato' o 'il GGG il grande gigante gentile') modificandone i testi, eliminando in particolare o edulcorando ogni riferimento al genere, alla razza e al peso, sostituendo o cancellando parole come grasso, brutto, nano. </span></span></span></span><p></p><p><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: medium;"><span class="yt-core-attributed-string yt-core-attributed-string--white-space-pre-wrap" role="text"><span class="yt-core-attributed-string--link-inherit-color" style="color: #131313;">"Se Dahl riscrivesse oggi i suoi libri userebbe ancora 'grasso' per descrivere un adulto brutto, grasso e cattivo. E questa irriverenza nei confronti degli adulti non è solo fondamentale ma è anche quello che ai bambini piace, ma che diverte gli stessi adulti. Perchè il poter dire delle parole fuori da un contesto quotidiano ma che entrano in un contesto grottesco esagerato è una possibilità che soltanto l'arte ci dà", spiega Terranova.
Questo per dire che la letteratura non è l'ora di "educazione civica e le parole bisogna sempre vedere dove si collocano e averne paura in assoluto è ridicolo e offensivo".</span></span></span></span></p><p><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: medium;"><span class="yt-core-attributed-string yt-core-attributed-string--white-space-pre-wrap" role="text"><span class="yt-core-attributed-string--link-inherit-color" style="color: #131313;"><a href="https://www.youtube.com/watch?v=0YqzBHvouUs" target="_blank">Guarda il video</a> <br /></span></span></span></span></p>Massimo Persottihttp://www.blogger.com/profile/10345796918405412218noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3386643861320844088.post-999165612360729692023-02-06T06:01:00.003-08:002023-08-23T06:04:33.701-07:00Coveri: "Sanremo? Le pagelle linguistiche premiano Madame"<p><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: medium;"><span class="yt-core-attributed-string yt-core-attributed-string--white-space-pre-wrap" role="text"><span class="yt-core-attributed-string--link-inherit-color" style="color: #131313;"><b></b></span></span></span></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-size: medium;"><b><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/Lct4PGUqaEk" width="320" youtube-src-id="Lct4PGUqaEk"></iframe></b></span></div><span style="font-size: medium;"><b><br /><span style="font-family: arial;">Lorenzo Coveri</span></b><span style="font-family: arial;">, già ordinario di Linguistica italiana all’Università di Genova e accademico della Crusca, ha analizzato come ogni anno i testi delle 28 canzoni in gara al <b>Festival di Sanremo</b> 2023. </span></span><p></p><p><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: medium;"><span class="yt-core-attributed-string yt-core-attributed-string--white-space-pre-wrap" role="text"><span class="yt-core-attributed-string--link-inherit-color" style="color: #131313;">"La mia analisi si è fondata su parametri classici: grafia, morfosintassi, lessico, semantica, stilistica e testualità", spiega Coveri.
Dalle pagelle linguistiche, pubblicate su mentelocale.it e sulle pagine Facebook e Instagram dell'Accademia della Crusca, emerge questa cinquina finalista: Ariete, Coma-Cose, Lazza, Madame e Ultimo.
Ma la canzone che prevale all'analisi del testo è "Il bene nel male" di Madame che interpreta, sottolinea Coveri, "un modo di parlare d'amore che ha quasi un sapore cinematografico, è molto intenso e sa emozionare".</span></span></span></span></p>Massimo Persottihttp://www.blogger.com/profile/10345796918405412218noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3386643861320844088.post-13526563453144727942023-01-23T06:06:00.008-08:002023-08-23T06:10:14.361-07:00Filippo Nanni: "Alle mie spalle, una delle tante cattive abitudini del giornalismo televisivo"<p><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: medium;"><span class="yt-core-attributed-string yt-core-attributed-string--white-space-pre-wrap" role="text"><span class="yt-core-attributed-string--link-inherit-color" style="color: #131313;"></span></span></span></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: medium;"><span class="yt-core-attributed-string yt-core-attributed-string--white-space-pre-wrap" role="text"><span class="yt-core-attributed-string--link-inherit-color" style="color: #131313;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiyQBsK2glNeRa92O_brgpVNt0QX-Fg23FT5jK6RAFS4wt8UMdXR13BRpXk8oZz7yuerH1n1VLnQPAcg2E__90IbGa2Opc1tB4qhkJyi1rZ0lFnrZv1-crFybtBX_CPEHVX02n6CoYmvNZRlycuM99R7yzML79V25NyVW0bf3ujuTlXJ8gxnx8jGi40eos/s1197/nanni.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="602" data-original-width="1197" height="161" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiyQBsK2glNeRa92O_brgpVNt0QX-Fg23FT5jK6RAFS4wt8UMdXR13BRpXk8oZz7yuerH1n1VLnQPAcg2E__90IbGa2Opc1tB4qhkJyi1rZ0lFnrZv1-crFybtBX_CPEHVX02n6CoYmvNZRlycuM99R7yzML79V25NyVW0bf3ujuTlXJ8gxnx8jGi40eos/s320/nanni.jpg" width="320" /></a></span></span></span></span></div><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: medium;"><span class="yt-core-attributed-string yt-core-attributed-string--white-space-pre-wrap" role="text"><span class="yt-core-attributed-string--link-inherit-color" style="color: #131313;">"Alle mie spalle, il titolo del libro, ci fa pensare alle tante volte che in un telegiornale abbiamo visto l'inviato che si riferisce all'immagine che ha dietro di lui e dice 'quello che vedete alle mie spalle', anche quando non ce n'è bisogno o sarebbe preferibile evitare di ricorrere a questa frase fatta. E' solo uno dei tanti modi di dire che fanno parte di certe abitudini giornalistiche, di tormentoni, cattive espressioni che combattiamo da tanto tempo". Così <b>Filippo Nanni</b>, vicedirettore di Radio Uno - Giornale Radio, autore del libro "Alle mie spalle", pubblicato da Vallecchi.</span></span></span></span><p></p><p><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: medium;"><span class="yt-core-attributed-string yt-core-attributed-string--white-space-pre-wrap" role="text"><span class="yt-core-attributed-string--link-inherit-color" style="color: #131313;"><a href="https://www.youtube.com/watch?v=UTYQeqUw8gU" target="_blank">Guarda il video</a> <br /></span></span></span></span></p>Massimo Persottihttp://www.blogger.com/profile/10345796918405412218noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3386643861320844088.post-302968789629288202023-01-09T06:10:00.007-08:002023-08-23T06:13:13.535-07:00 0:06 / 13:20 Montermini: "Lingua italiana in Costituzione? Ecco cosa succede in Francia" <p><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: medium;"><span class="yt-core-attributed-string yt-core-attributed-string--white-space-pre-wrap" role="text"><span class="yt-core-attributed-string--link-inherit-color" style="color: #131313;"><b></b></span></span></span></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-size: medium;"><b><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhzQBTwdcuADMCm2l03vPACymSOP6uaL2auyJs1MWxc5Tkc-yJN-Uc1OjZnxSCwDJM4c1ellg1V-Bf5rYslkeqmL6E6BixsXVkjxLahfNG-5CHhi5p03JAYHfqSnVWX8szsQZleROUF1wN2rS-fjR3nql4Nzor5VPzDWgaL8rNmboOfxV03-Y7_r48qFBg/s1107/moterv.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="592" data-original-width="1107" height="171" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhzQBTwdcuADMCm2l03vPACymSOP6uaL2auyJs1MWxc5Tkc-yJN-Uc1OjZnxSCwDJM4c1ellg1V-Bf5rYslkeqmL6E6BixsXVkjxLahfNG-5CHhi5p03JAYHfqSnVWX8szsQZleROUF1wN2rS-fjR3nql4Nzor5VPzDWgaL8rNmboOfxV03-Y7_r48qFBg/s320/moterv.jpg" width="320" /></a></b></span></div><span style="font-size: medium;"><b>Fabio Montèrmini</b>, linguista, ricercatore presso il Centre national de la recherche scientifique e dell'Università di Tolosa, commenta le dichiarazioni del Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano a proposito dell'inserimento dell'italiano come <b>lingua ufficiale nella nostra Costituzione</b>. E ci spiega cosa succede in Francia e quali iniziative vengono adottate per combattere gli anglicismi.</span><p></p><p><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: medium;"><span class="yt-core-attributed-string yt-core-attributed-string--white-space-pre-wrap" role="text"><span class="yt-core-attributed-string--link-inherit-color" style="color: #131313;"><a href="https://www.youtube.com/watch?v=GLSJonrHAME" target="_blank">Guarda il video</a> <br /></span></span></span></span></p>Massimo Persottihttp://www.blogger.com/profile/10345796918405412218noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3386643861320844088.post-81832066006040599802022-11-02T04:28:00.013-07:002022-11-02T04:39:48.372-07:00"Permacrisis" è la parola dell'anno secondo il dizionario Collins<p><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: arial;">"Permacrisis", </span></span><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: arial;"> crisi permanente,</span></span><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: arial;"> è il neologismo inglese scelto dal dizionario Collins come parola dell'anno. Ne parla ampiamente oggi il <a href="https://www.corriere.it/esteri/22_novembre_01/permacrisis-parola-dell-anno-secondo-collins-spiega-sensazione-vivere-crisi-perenne-3ca84216-5a1a-11ed-b1b9-61dd73ac3c0d.shtml" target="_blank">Corriere della Sera</a> in un approfondimento del quale pubblichiamo questo estratto.</span></span></p><p><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: arial;"><i>(dal Corriere della Sera)</i><br /></span></span></p><p><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: arial;"></span></span></p><p><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: arial;"></span></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: arial;"></span></span></span></div><span style="font-size: medium;">Il vocabolo descrive la sensazione di vivere un periodo di crisi senza tregua, coniato negli agitati anni '70 ma entrato ora prepotentemente nell'uso comune. <br /><br /></span><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: arial;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjyp_OnUyAAkpXVWECJgihe3K93ymX7X8lPhvBqJHmpsNkcbfTOCLhRCnIdXKEKDNozcMkB2ZgP2bjh_A0Ji92uhyax4PNkCT9AK_L8pSbr5e5LunvSYIszTILd-PE18QJlwm8MvEb-duw-aVDP7-JTMnuMWqh2NLTXQoKu0RaTdvkAAw5WYLTxu-Yl/s699/permacrisis.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="624" data-original-width="699" height="286" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjyp_OnUyAAkpXVWECJgihe3K93ymX7X8lPhvBqJHmpsNkcbfTOCLhRCnIdXKEKDNozcMkB2ZgP2bjh_A0Ji92uhyax4PNkCT9AK_L8pSbr5e5LunvSYIszTILd-PE18QJlwm8MvEb-duw-aVDP7-JTMnuMWqh2NLTXQoKu0RaTdvkAAw5WYLTxu-Yl/s320/permacrisis.jpg" width="320" /></a></span></span><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: arial;">«Riassume, in sostanza, quanto sia stato orribile il 2022 per così tante persone», ha spiegato alla Bbc Alex Beecroft, direttore di Coliing Learning. «La lingua può essere uno specchio di ciò che sta accadendo nella società e nel resto del mondo, e quest'anno ha lanciato una sfida dopo l'altra. Siamo tutti in un continuo stato di incertezza e preoccupazione con sconvolgimenti causati da Brexit, pandemia, maltempo, guerra in Ucraina, instabilità politica, crisi dell'energia e dei costo della vita». <br /><br />Gli studiosi del dizionario Collins lavorano ogni anno alla compilazione dell'elenco delle dieci parole o frasi che «riflettono il nostro linguaggio in continua evoluzione e le preoccupazioni di coloro che lo usano». <br /><br />Le altre parole del 2022? Di tragica attualità è «Kyiv» (spelling ucraino, mentre il tradizionale, e di uso più comune in Occidente, «Kiev», è la traslitterazione dei russo). Stesso discorso per «quiet quitting», espressione che indica secondo il Collins «l'atto di svolgere i propri doveri di base sul lavoro e non di più, per protesta o per migliorare l'equilibrio tra lavoroevita privata». <br /><br />Le fonti dei lessicografi dei Collins? Un database sterminato compilato via computer, oltre a una serie di fonti multimediali, inclusi i sempre più influenti social media. Secondo Beecroft, «la nostra lista riflette io stato del mondo in questo momento - non sono molte le buone notizie, anche se, vista la determinazione del popolo ucraino riflessa dall'inclusione di Kyiv, ci sono raggi di speranza».</span></span><p></p><p><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: arial;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: arial;">Ecco
l'elenco delle prime 10 parole e frasi in ordine alfabetico: «Carolean», carolingio, cioè relativo a Carlo III di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, o al suo regno. «Kyiv», la capitale dell'Ucraina. «Lawfare»: l'uso strategico di procedimenti legali per intimidire o ostacolare un avversario. «Partygate», cioè lo scandalo politico sulle feste tenute negli uffici del governo britannico nel 2020 e nel 2021 infrangendo le regole sulle restrizioni Covid. «Permacrisis». «Quiet quitting». «Splooting»:cioè l'atto di sdraiarsi a pancia in giù con le gambe distese, comme per esempio amano fare i cani per rinfrescarsi l'addome. «Sportswashing»: strategia di pubbliche relazioni volta a
sponsorizzare o promuovere eventi sportivi nei tentativo di migliorare la propria reputazione, offuscata da qualche scandalo, o per distrarre attenzione del pubblico da un'attività controversa. «VibeShift», più o meno traducibile con «cambiamento di atmosfera»: una variazione significativa nell'atmosfera o tendenza culturale prevalente. «Warm Bank», un edificio riscaldato dove possono andare le persone che non possono permettersi di riscaldare le proprie case. </span></span></span></span><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: arial;"><br /><br /></span><span></span></span></p><a name='more'></a><p></p><p><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: arial;"></span></span></p><hr />
<p><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: arial;"><br />In un'analisi sempre pubblicata dal <a href="https://www.corriere.it/esteri/22_novembre_01/permacrisis-parola-dell-anno-anglo-greco-latinismo-una-crisi-che-dura-lungo-50bd4e42-5a0e-11ed-943f-15ed1af1dab5.shtml" target="_blank">Corriere della Sera</a>, il linguista Giuseppe Antonelli spiega che si tratta di un anglicismo con origini greco-latine. <i>Permacrisi </i>"è nata in inglese, prendendo una parola d'origine greca (crisis: da <i>krisis </i>in origine «scelta, giudizio», in medicina «fase critica di una malattia») e facendola precedere da un pezzo di parola d'origine latina (il <i>perma-</i> di permanent; dal verbo permanere «rimanere a lungo»)".<br /><br />Scrive Antonelli che nella lingua italiana sono pochi i vocaboli costruiti con quel <i>perma-</i> iniziale, tutti piuttosto recenti e di provenienza inglese. E' il caso di <i>permacoltura </i>o <i>permacultura </i>(metodo di coltivazione in armonia con l'ambiente), <i>permafrost </i>e il corrispondente <i>permagelo </i>per il suolo perennemente ricoperto di ghiaccio, <i>permalink</i> per i collegamenti internet stabili nel tempo.</span></span></p>Massimo Persottihttp://www.blogger.com/profile/10345796918405412218noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3386643861320844088.post-22721476527636908982022-10-26T03:46:00.005-07:002022-10-26T03:46:53.524-07:00La resistenza a declinare le parole al femminile<p><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: arial;"></span></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: arial;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi2FfHNsR7j_b2rn_Vo2oQLmMkZX-bWPtv6AAO5qFQ0IBmXmDE7UrsWaIk-kRi8Ah870TSxMRDtYA_vPtDyhdP5AWuLZe0IVHRcYwcOgPdi0pdT_RclE37lVZ-Y6r2CITmiZzbfdkVysyEirUb4BXCEoLQE7BNwGoEnmoImU2xvBh5D4P061HsYowjF/s784/manifesto.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="483" data-original-width="784" height="237" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi2FfHNsR7j_b2rn_Vo2oQLmMkZX-bWPtv6AAO5qFQ0IBmXmDE7UrsWaIk-kRi8Ah870TSxMRDtYA_vPtDyhdP5AWuLZe0IVHRcYwcOgPdi0pdT_RclE37lVZ-Y6r2CITmiZzbfdkVysyEirUb4BXCEoLQE7BNwGoEnmoImU2xvBh5D4P061HsYowjF/w385-h237/manifesto.jpg" width="385" /></a></span></span></div><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: arial;"><br />Qualche tempo fa la polemica sui nomi delle cariche declinati al maschile e non al femminile riguardò una direttrice d'orchestra che vuole essere indicata solo come «direttore d'orchestra», ora coinvolge la prima donna a governare in Italia, che ha scelto di essere chiamata «<b>il presidente</b>». <br /><br />L'uso, evidentemente, è ancora oscillante e molte donne (e moltissimi uomini) continuano a preferire l'<b>uso tradizionale maschile</b>. Le resistenze a servirsi di nomi come «la direttrice», «la presidente», «la rettrice» o «ministra», «sindaca», «magistrata», ecc. sono più socioculturali che linguistiche. </span></span><p></p><p><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: arial;">L'obiezione di chi li rifiuta è di due tipi: da una parte si sostiene in modo impressionistico che quelle parole «suonano male» (ma chissà perché parole come cameriera, cuoca, levatrice e operaia non hanno mai dato fastidio a nessuno), dall'altra si afferma, con una <b>scelta ideologica</b>, che il nome del ruolo deve continuare a essere declinato solo al maschile, come se al femminile indicasse qualcosa di meno importante e riduttivo. <br /><br />Da linguista consiglio di usare il <b>femminile dei nomi di cariche e professioni</b> ricavandolo regolarmente dal maschile, perché è la soluzione più semplice e più aderente alla grammatica dell'italiano, ma contro il rifiuto ideologico di chi non accetta queste soluzioni non ci sono argomenti che tengano. A mio parere chi rifiuta di essere definita «la presidente» o «la direttrice» ha tutto il diritto di farlo: per fortuna in Italia non esiste un'istituzione che legifera in materia linguistica e mi auguro che l'epoca in cui è stata attuata una politica linguistica di regime, che decideva a colpi di decreti quali parole e quali pronomi dovessero essere usati o vietati, sia finita per sempre. <br /><br />Ricordo però che è dal 1987, da quando Alma Sabatini scrisse le <b>Raccomandazioni per un uso non sessista per la Presidenza del Consiglio</b>, che si continuano a ripetere le stesse cose sul femminile dei nomi di professioni e ruoli. Sono anni che le donne ricoprono cariche istituzionali, ma ogni volta che una di loro raggiunge un posto di primo piano nascono polemiche a proposito del nome con cui devono essere indicate, dimenticando che i dizionari della lingua italiana (anche quello che condirigo) registrano tali nomi al femminile, e che le grammatiche li segnalano come corretti da un punto di vista grammaticale. </span></span></p><p><i><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: arial;">(il manifesto, articolo di Valeria Della Valle, condirettrice del Dizionario della Lingua italiana Treccani)</span></span></i><br /></p>Massimo Persottihttp://www.blogger.com/profile/10345796918405412218noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3386643861320844088.post-21751622221026487482022-10-23T08:28:00.004-07:002022-10-23T08:39:45.151-07:00Nei comunicati Giorgia è "il" presidente. La svolta linguistica diventa un caso<p><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: arial;"><span style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: #111111; display: inline; float: none; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-ligatures: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; text-align: justify; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-decoration-thickness: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;"></span></span></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-size: medium;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgXpZMIirdzmwel0uHMgPACqwXyP3sTBFP4-UEoqRp34143bu4aBiU4VEqPPSc0WCZYzMJu6iofWzxIJhG56cevwpZtRC1IbP4zG-GRLtnb0CLqxklTmKAtATQrnjV318qOsdpU7xhFWAQ7h9qFPUROkjNfVq9wAJQWCC92zaWbr1-Tq9kNhUca_X9H/s887/repubblica.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="572" data-original-width="887" height="206" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgXpZMIirdzmwel0uHMgPACqwXyP3sTBFP4-UEoqRp34143bu4aBiU4VEqPPSc0WCZYzMJu6iofWzxIJhG56cevwpZtRC1IbP4zG-GRLtnb0CLqxklTmKAtATQrnjV318qOsdpU7xhFWAQ7h9qFPUROkjNfVq9wAJQWCC92zaWbr1-Tq9kNhUca_X9H/s320/repubblica.jpg" width="320" /></a></span></div><span style="font-size: medium;"><p></p><p><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: arial;"><span style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: #111111; display: inline; float: none; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-ligatures: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; text-align: justify; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-decoration-thickness: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;"></span></span></span></p><p><span style="font-family: arial;"><span><span style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: #111111; display: inline !important; float: none; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-ligatures: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; text-align: justify; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-decoration-thickness: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">"II"
presidente del Consiglio, non "la". La prima donna capo del governo
nelle sue comunicazioni ufficiali sceglie il maschile. «Lo comunica
l'ufficio stampa del presidente Giorgia Meloni», «è quanto dichiara il
presidente del Consiglio dei ministri», si legge nei primi dispacci. In
realtà nulla di nuovo, an che da presidente di Fratelli d'Italia la
scelta cadeva sempre su "il". Il passaggio a Palazzo Chigi conferma
quindi questa impostazione politico-culturale.</span></span></span><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: arial;"><span style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: #111111; display: inline; float: none; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-ligatures: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; text-align: justify; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-decoration-thickness: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;"> <br /></span></span></span></p><p><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: arial;"><span style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: #111111; display: inline; float: none; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-ligatures: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; text-align: justify; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-decoration-thickness: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">ntanto bisogna dire che ad esempio ancora oggi sul sito governativo della Funzione pubblica si possono trovare ampi stralci di una pubblicazione del 1987, <i>Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana</i>, a cura di Alma Sabatini e redatto proprio per la presidenza del Consiglio e per la commissione nazionale per le Pari opportunità tra uomo e donna di allora. A pagina 112, ben 35 anni fa, si specificava: no a "il" presidente Maria Rossi, sì invece a "la" presidente Maria Rossi. Non è specificata la data di pubblicazione, comunque in quell'anno si alternarono presidenti Bettino Craxi (Psi), Amintore Fanfani (Dc) e Giovanni Goria (Dc). </span></span></span></p><p><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: arial;"><span style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: #111111; display: inline; float: none; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-ligatures: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; text-align: justify; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-decoration-thickness: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">«Un margine con la preferenza individuale c'è sempre, volere il maschile non è un errore di grammatica. Però la forma legittima è al femminile e se pure Meloni chiedesse di utilizzare la sua carica al maschile ognuno dovrebbe essere libero di scegliere quale forma preferire», dice il presidente dell'Accademia della Crusca Claudio Marazzini. </span></span></span></p><p><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: arial;"><span style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: #111111; display: inline; float: none; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-ligatures: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; text-align: justify; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-decoration-thickness: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">Da presidente della Camera, Laura Boldrini imbastì una vera e propria battaglia culturale spesso irrisa da politici e commentatori di destra - per questa attenzione, opposta, affinchè si declinassero le cariche al femminile. «Non mi meraviglia - dice la deputata del Pd - il partito si chiama Fratelli d'Italia, il tutto è rivolto al maschile, non c'è un riconoscimento vero nelle sue politiche del femminile, nel linguaggio e nel concreto. Come si dice "operaia", o "contadina", cioè con lavori che non hanno pretese, perchè non si dovrebbe fare lo stesso salendo la scala sociale? - di domanda Boldrini - La forma è sostanza: per arrivare a questi traguardi ci sono state battaglie e sacrifici, alle donne nulla è stato regalato</span></span></span><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: arial;"><span style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: #111111; display: inline; float: none; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-ligatures: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; text-align: justify; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-decoration-thickness: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;"></span><span style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: #111111; display: inline; float: none; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-ligatures: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; text-align: justify; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-decoration-thickness: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">».</span></span></span></p><p><span style="font-family: arial;"><span style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: #111111; display: inline; float: none; font-size: 16px; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-ligatures: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; text-align: justify; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-decoration-thickness: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;"><i>(articolo di Matteo Pucciarelli, la Repubblica)</i> </span></span><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: arial;"><span style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: #111111; display: inline; float: none; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-ligatures: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; text-align: justify; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-decoration-thickness: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;"><br /></span></span></span></p></span>Massimo Persottihttp://www.blogger.com/profile/10345796918405412218noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3386643861320844088.post-72974396085546949052022-10-17T05:51:00.001-07:002022-10-23T04:55:06.435-07:00Licia Corbolante: "Lessico giovanile? Influenza inglese appiattisce la creatività linguistica"<p></p><p></p><p></p><p></p><p><iframe frameborder="0" height="360" src="https://youtube.com/embed/tL2xteKDrVg" width="480"></iframe></p>
<p> <span style="font-size: medium;"><span style="font-family: arial;">Il rapporto tra la lingua italiana e i giovani è il tema centrale della Settimana della lingua italiana nel mondo (17-23 ottobre 2022). </span></span></p><p><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: arial;">"Il lessico giovanile - ci spiega <b>Licia Corbolante</b>, terminologa - oggi è fortemente influenzato dalla rete, dai social e dai giochi online e si registra una forte prevalenza di internazionalismi e, in particolare, di anglicismi che sono usati anche in altre lingue, non solo in italiano. Il che determina certamente un appiattimento della creatività linguistica". </span></span></p><p><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: arial;">Tra gli esempi di lessico giovanile raccontati da Licia Corbolante, cringe e ghostare.</span></span></p>Massimo Persottihttp://www.blogger.com/profile/10345796918405412218noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3386643861320844088.post-52375972499274194662022-10-10T06:37:00.006-07:002022-10-23T04:47:32.630-07:00Valeria Della Valle: "Nuovo dizionario Treccani? Più equilibrio. Se sarà Giorgia Meloni, la chiameremo la presidente"<p><span style="font-family: verdana;"> </span><span style="font-family: verdana;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/Mu_zK1pmuzk" width="320" youtube-src-id="Mu_zK1pmuzk"></iframe></span></p><p><span class="style-scope yt-formatted-string" dir="auto"> <span style="font-size: medium;"><span style="font-family: arial;">"Abbiamo rimesso un certo equilibrio nella registrazione delle parole del dizionario", così <b>Valeria Della Valle</b>, linguista e accademica della Crusca, sul nuovo <b>'Dizionario della lingua italiana'</b> della <a href="https://www.treccani.it/catalogo/catalogo_prodotti/la_lingua_italiana/il_vocabolario_treccani.html" target="_blank">Treccani</a> di cui è direttrice insieme a Giuseppe Patota. </span></span></span></p><p><span class="style-scope yt-formatted-string" dir="auto" style="font-size: medium;"><span><span style="font-family: arial;">Il Dizionario registra per la prima volta anche le forme femminili di nomi e aggettivi che tradizionalmente si trovano solo al maschile, una novità che ha generato molte discussioni. Non solo. Registra anche i nomi identificativi di professioni che sono tradizionalmente declinati solo al maschile. </span></span></span></p><p><span class="style-scope yt-formatted-string" dir="auto" style="font-size: medium;"><span><span style="font-family: arial;">Ma se, come sembra ormai, <b>Giorgia Meloni</b> guiderà il Paese in questa nuova legislatura, come dovremo chiamarla? <b>Il presidente, la presidente, la presidentessa?</b> "La presidente - spiega Valeria Della Valle - perchè le parole che escono in -e (come giudice, vigile) rimangono inalterate al maschile e al femmi e vengono indicate attraverso l'articolo". E aggiunge: "Dobbiamo stare attenti alle parole che escono in -essa, perchè per dottoressa - ad esempio - è del tutto legittimo, ma in altri casi aggiunge una sfumatura di ironia e di disprezzo: quando una vigile ci fa la multa la chiamiamo vigilessa".</span></span></span></p>Massimo Persottihttp://www.blogger.com/profile/10345796918405412218noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3386643861320844088.post-68797350358472688942021-07-19T06:25:00.004-07:002021-07-19T06:30:22.924-07:00Polexit<p><span style="font-family: verdana;">Si parla molto in queste ultime settimane di "Polexit", l'uscita della Polonia dall'Unione Europea, anche se - si legge su Wikipedia - il termine ha cominciato a comparire sui media internazionali fin dal 2017.<br /><br />Il 14 luglio 2021, la Corte costituzionale polacca ha deciso che le sentenze della Corte di giustizia europea in merito allo stato di diritto in Polonia non sono in linea con la Costituzione polacca. Secondo i giudici di Varsavia, il regolamento che permette alla Corte Ue di pronunciarsi su "sistemi, principi e procedure" degli ordinamenti nazionali non è "in linea con la costituzione del Paese". Le sentenze adottate della Corte europea riguardano la difesa dell'indipendenza e dell'imparzialità del sistema giudiziario che secondo i giudici europei sono seriamente a rischio per via di una controversa riforma del potere giudiziario pensato, secondo i suoi critici, per mettere i magistrati sotto il controllo del potere politico. <br /><br />"Se le istituzioni polacche proseguiranno in questa assurda sfida, la Polonia si porrà da sola fuori dalla Ue", ha dichiarato Stefano Ceccanti, capogruppo del Pd in commissione Affari costituzionali della Camera.<br /><br />In Polonia c'è già chi con paura parla di Polexit, uno scenario spesso prospettato dal governo nazionalista, che sa benissimo che da un'uscita dall'Unione europea la nazione non avrebbe alcun vantaggio. (Il Foglio, 15 luglio 2021)<br /><br /></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhYdSKGe6xWk97LsFqUxGXyAXMDi6xEfMOVITLD_cgAnc6i0KLO-Vq2gdQdTRDd_ijZyHhSYj4cIs49usdTujETIhSDPHOtITgkEYkwcppkU3GepvgHbXkRJv1V6Y4XOBrGJalYv9U744g/s752/polexit%252C+stampa.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="752" data-original-width="710" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhYdSKGe6xWk97LsFqUxGXyAXMDi6xEfMOVITLD_cgAnc6i0KLO-Vq2gdQdTRDd_ijZyHhSYj4cIs49usdTujETIhSDPHOtITgkEYkwcppkU3GepvgHbXkRJv1V6Y4XOBrGJalYv9U744g/s320/polexit%252C+stampa.jpg" /></a></div><span style="font-family: verdana;">«La Polexit è già realtà, siamo nel pieno dell’uscita della Polonia dall'Europa», ha dichiarato Monica Frąckowiak, magistrata a Poznan. «Dal 2015, passo dopo passo, in Polonia è verificata una “Polexit legale”, ovvero un’uscita del Paese dall’Unione decretata dalla violazione di Varsavia dei principi e delle leggi Ue. Quando un Paese non rispetta i valori fondamentali e smantella i diritti delle donne e della comunità Lgbt+, distrugge l’indipendenza dei media e della magistratura, allora è chiaro che, in modo meno esplicito del Regno Unito, sta uscendo dall’Europa». (<a href="https://www.lastampa.it/esteri/2021/07/16/news/polonia-la-giudice-frackowiak-principi-calpestati-da-anni-la-polexit-e-gia-diventata-realta-1.40508317">intervista a La Stampa</a>, 16 luglio 2021)</span> <p></p><p><span style="font-family: verdana;"><br /></span><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg3oIoYoTQPqdjlxntMSboBLSpASarqbgot7uruzDZpqCmt9i4zTS8D_xl9iaA_8ZdfDAo8SIYGMqRBwLABVsl747SHIwGkdfSLvLzKq_kx3ACZ84EMgG2eridn234yxbuCnLhZwED_cpI/s812/polexit%252C+ansa.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="812" data-original-width="656" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg3oIoYoTQPqdjlxntMSboBLSpASarqbgot7uruzDZpqCmt9i4zTS8D_xl9iaA_8ZdfDAo8SIYGMqRBwLABVsl747SHIwGkdfSLvLzKq_kx3ACZ84EMgG2eridn234yxbuCnLhZwED_cpI/s320/polexit%252C+ansa.jpg" /></a></div><p><span style="font-family: verdana;"></span><span style="font-family: verdana;"></span><span style="font-family: verdana;"> </span></p><p><span style="font-family: verdana;"> </span></p><p><span style="font-family: verdana;">"Siamo nel corso di una Polexit legale che sta avvenendo passo dopo passo", ha detto il difensore civico indipendente per i diritti umani della Polonia, Adam Bodnar. (<a href="https://www.ansa.it/nuova_europa/en/news/sections/news/2021/07/15/polish-court-defies-eu-as-critics-warn-on-polexit_b5825f54-6944-4674-afc5-ffe10a00cd7c.html">Ansa</a>, 15 luglio 2021)</span><br /></p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"></span></div><span style="font-family: verdana;"></span><p></p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjKO5s1bwQ_DITv5gEWz-VMoxsDlOtIs-QiDXCk1wQbF3lNDzFoI0nziZTX-RR3po5zl7UITy6CTdhcd6WewyIPmOpDuBkMu6b27BRXFW7DW-l9F9fRWH2o8IbGbZLpMWPv-KVwuiraW-8/s1032/polexit%252C+europa+today.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="776" data-original-width="1032" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjKO5s1bwQ_DITv5gEWz-VMoxsDlOtIs-QiDXCk1wQbF3lNDzFoI0nziZTX-RR3po5zl7UITy6CTdhcd6WewyIPmOpDuBkMu6b27BRXFW7DW-l9F9fRWH2o8IbGbZLpMWPv-KVwuiraW-8/s320/polexit%252C+europa+today.jpg" width="320" /></a></div><p><span style="font-family: verdana;">"Il rifiuto di attuare le sentenze della Corte di giustizia europea in Polonia è un chiaro passo verso l'uscita della Polonia dall'Unione europea. Temiamo che il governo polacco sia sulla via della Polexit", ha dichiarato il Partito popolare europeo in una nota firmata da Jeroen Lenaers, portavoce del gruppo per la Giustizia e gli affari interni, e Andrzej Halicki, vicepresidente della commissione per libertà civili del Parlamento Europeo. (<a href="https://europa.today.it/attualita/polonia-rischio-polexit.html">Europa Today</a>, 15 luglio 2021)</span></p><p><span style="font-family: verdana;"> </span></p><p><span style="font-family: verdana;"></span></p><p><span style="font-family: verdana;"></span></p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhLEYIJalFXFHRiJlpGgG-j7eCN1Qav9XNurj3Y-ZiTxTwQXT5KFPiTxh2rdVZq1z7ru5HMFQEK6A0cfhtAYYLvcF_2K0cgLiqzgVuzBPvSv-xVsziqGB7FJZjsSlRFZOc1AGHCu33hwAQ/s1347/polexit%252C+politico.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="812" data-original-width="1347" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhLEYIJalFXFHRiJlpGgG-j7eCN1Qav9XNurj3Y-ZiTxTwQXT5KFPiTxh2rdVZq1z7ru5HMFQEK6A0cfhtAYYLvcF_2K0cgLiqzgVuzBPvSv-xVsziqGB7FJZjsSlRFZOc1AGHCu33hwAQ/s320/polexit%252C+politico.jpg" width="320" /></a></div><br /><span style="font-family: verdana;">"Un passo decisivo verso la Polexit legale", ha twittato Wojciech Sadurski, specialista in diritto costituzionale presso l'Università di Sydney. (<a href="https://www.politico.eu/article/contradictions-in-rulings-poland-eu-worries-polexit/">Politico</a>, 14 luglio 2021)</span><p></p><p><span style="font-family: verdana;"></span></p><p><span style="font-family: verdana;"></span></p><p><span style="font-family: verdana;"></span></p><p><span style="font-family: verdana;"><br /><br /> </span></p><p><span style="font-family: verdana;"> </span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi_Md1c1l_rCcjH8kk9I4-g4ccYFviSZE1P9ZPi08R7E_cCsfxUAPFOXlL8ND_q75eERRI2IuAS6_2VMJLwX7yxIgViMDjr7oxwAEnDJyqF_xMMbKUSTiuhETYXnD2938As6DSN7pt4grE/s1305/polexit%252C+guardian.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="660" data-original-width="1305" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi_Md1c1l_rCcjH8kk9I4-g4ccYFviSZE1P9ZPi08R7E_cCsfxUAPFOXlL8ND_q75eERRI2IuAS6_2VMJLwX7yxIgViMDjr7oxwAEnDJyqF_xMMbKUSTiuhETYXnD2938As6DSN7pt4grE/s320/polexit%252C+guardian.jpg" width="320" /></a></div><span style="font-family: verdana;">Laurent Pech, professore di diritto europeo alla Middlesex University di Londra, ha affermato che un'uscita deliberata dal blocco stesso sarebbe un "suicidio politico", prevedendo invece una graduale "Polexit dall'ordinamento giuridico dell'UE". (<a href="https://www.theguardian.com/world/2021/jul/14/legal-polexit-poland-court-rules-that-eu-measures-are-unconstitutional">The Guardian</a>, 14 luglio 2021) </span><br /><p></p><p></p>Massimo Persottihttp://www.blogger.com/profile/10345796918405412218noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3386643861320844088.post-23194235910858080142021-07-15T07:04:00.003-07:002021-07-19T07:12:25.723-07:00C'era una volta la giornata<p><span style="font-family: verdana;"><span style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: #111111; display: inline !important; float: none; font-size: 16px; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-ligatures: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; text-align: justify; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-decoration-thickness: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;"></span></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh4sa_v1chpPMQ8HMEcgIE8dhgJTv2UNSiFgN9btyfnBsI0FqTlyEshCqBJMO1WuxSgdi9ysCy2qEQyAIgw0_cg4ou0jl4IMGtfdxXxjSSXhEm4AkdmUmIbobt0X434KY27D4hQ7UEgC3s/s650/giornata.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="563" data-original-width="650" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh4sa_v1chpPMQ8HMEcgIE8dhgJTv2UNSiFgN9btyfnBsI0FqTlyEshCqBJMO1WuxSgdi9ysCy2qEQyAIgw0_cg4ou0jl4IMGtfdxXxjSSXhEm4AkdmUmIbobt0X434KY27D4hQ7UEgC3s/s320/giornata.jpg" width="320" /></a></div><br />C'era una volta la giornata. <span style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: #111111; display: inline !important; float: none; font-size: 16px; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-ligatures: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; text-align: justify; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-decoration-thickness: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">Non quella di lavoro o quella di vacanza. Non la nera, la no, la "splendida" di Vasco, la corvée del caporale. Si intende la giornata calcistica della Serie A, che in precedenza era davvero come si dice "tutta un programma": solido, affidabile, ordinato. Esiste ancora: ma è tutta un'altra cosa. </span><p></p><p><span style="font-family: verdana;"><span style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: #111111; display: inline !important; float: none; font-size: 16px; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-ligatures: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; text-align: justify; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-decoration-thickness: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">Per le partite del campionato 2021-22 è stato presentato ieri un calendario asimmetrico, destrutturato, scaleno. In Inghilterra, Spagna, Francia è già così ma per l'Italia è la prima volta. Diciannove giornate in cui si giocano dieci partite sono necessarie a che ognuna delle 20 squadre ne incontri ogni altra: questo è il cosiddetto girone d'andata e la prima anomalia è che quest'anno si concluderà con una lunghissima sosta invernale per permettere lo svolgimento dei bizzarri campionati mondiali in Qatar. </span></span></p><p><span style="font-family: verdana;"><span style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: #111111; display: inline !important; float: none; font-size: 16px; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-ligatures: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; text-align: justify; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-decoration-thickness: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">Alla fine della sosta comincerà come di consueto il cosiddetto girone di ritorno, quello in cui le squadre si incontreranno per la seconda volta a stadi invertiti. L'ordine delle giornate di ritorno però non sarà più lo stesso dell'andata e in ogni giornata non si disputeranno le stesse dieci partite. Dal bar sport al talk show, ogni elucubrazione tattico-strategica non trascura l'incidenza del "fattore tempo" che ora assume però una funzione spiazzante. Si è passati dalla rigida ciclicità all'entropia ricercata. </span></span></p><p><span style="font-family: verdana;"><span style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: #111111; display: inline !important; float: none; font-size: 16px; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-ligatures: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; text-align: justify; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-decoration-thickness: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">Una volta le partite tra le squadre importanti potevano intervenire solo dopo alcune giornate, alcuni derby capitavano la stessa domenica e, soprattutto, vigeva una corrispondenza pressoché liturgica fra "Giornata" calcistica e "Domenica". Rita Pavone veniva infatti lasciata sola sempre e soltanto di Domenica: giornata per eccellenza del tifoso (o comunque del maschio irreperibile). Subentrarono poi i turni infrasettimanali, e quindi gli anticipi, e inoltre il posticipo, secondo logiche italianissime denominate con termini variamente culinari, come "spezzatino" o "spalmare". </span></span></p><p><span style="font-family: verdana;"><span style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: #111111; display: inline !important; float: none; font-size: 16px; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-ligatures: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; text-align: justify; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-decoration-thickness: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">L'anno scorso ci si è messo di mezzo pure il Covid, con le disposizioni mutevoli delle autorità e le liti condominiali in Lega: risultò una confusione di sfasature tale che la partita di andata tra Juventus e Napoli fìnì per essere disputata soltanto dopo quella di ritorno, secondo la chiassosa figura di inversione che le scuole di retorica frequentano dall'antichità con il nome di "hysteron pròteron" ma che alle gazzette sportive era del tutto sconosciuta. </span></span></p><p><span style="font-family: verdana;"><span style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: #111111; display: inline !important; float: none; font-size: 16px; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-ligatures: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; text-align: justify; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-decoration-thickness: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">Sminuzzata e rimescolata come una compressa nel bicchier d'acqua sul comodino di un malato, la "giornata" calcistica ha abdicato del tutto alla rituale prevedibilità per abbracciare gli accidentali addensamenti del Fato. Si toglie così un'altra certezza computistica ai cabalisti che stanno attenti a coincidenze, sovrapposizioni di date, sincronicità junghiane, come la corrispondenza da taluni considerata magica fra i due 11 luglio delle finali vittoriose, la mondiale 1982 a Madrid e l'europea 2021 a Londra. </span></span></p><p><span style="font-family: verdana;"><span style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: #111111; display: inline !important; float: none; font-size: 16px; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-ligatures: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; text-align: justify; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-decoration-thickness: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">L'appassionato conosce a menadito il repertorio di luoghi comuni adatti alla circostanza: "prima o poi dobbiamo affrontare ogni avversario", "non esistono squadre minori", "l'importante è una panchina lunga", "speriamo di non subire infortuni nella parte più intensa della stagione", "dobbiamo farci sempre trovare pronti". Del resto si sa che la palla è rotonda. Quel che non si sapeva ancora è che la rotondità (dei meccanismi rassicuranti, simmetrici, immutabili) fosse diventata una palla. </span></span></p><p><span style="font-family: verdana;"><span style="-webkit-text-stroke-width: 0px; background-color: white; color: #111111; display: inline !important; float: none; font-size: 16px; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-ligatures: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; text-align: justify; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-decoration-thickness: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;"><span style="font-family: verdana;"><i>(articolo di Stefano Bartezaghi pubblicato su la Repubblica)</i></span> <br /></span></span></p>Massimo Persottihttp://www.blogger.com/profile/10345796918405412218noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3386643861320844088.post-76626282119296446722021-07-12T09:45:00.001-07:002021-08-24T09:48:13.078-07:00La 'parola' di Euro 2020? It's coming Rome<p><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/1SDmL4mJd44" width="320" youtube-src-id="1SDmL4mJd44"></iframe></div><br /> <p></p><p><span style="font-family: verdana;">Ospite di Radio Radio la terminologa Licia Corbolante. Insieme, riviviamo Euro 2020 appena concluso con le parole e i
modi di dire: perchè rivalità e diversità tra i Paesi corrono anche
attraverso le differenze linguistiche. Come nel caso di "It's coming
home" il motto dell'Inghilterra, da ieri sera trasformato in "It's
coming Rome". </span></p>Massimo Persottihttp://www.blogger.com/profile/10345796918405412218noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3386643861320844088.post-73233452342610599412021-03-21T00:20:00.001-07:002021-03-22T00:29:12.282-07:00Linguaggio dei giovani sempre più 'sporco'<p><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEit1OAaHvHofWihKEOLpEuSknjNDJ8qwVyiiREQ67uaJrTyg1rXBM-ZFAROkWE3a49LTDngpUar5juzHMfGSgNNSadM3ntm32SAU31FtvVcneIa75iHXOlj8412tvJgno7FIxrSU29XDGM/s676/libero.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="381" data-original-width="676" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEit1OAaHvHofWihKEOLpEuSknjNDJ8qwVyiiREQ67uaJrTyg1rXBM-ZFAROkWE3a49LTDngpUar5juzHMfGSgNNSadM3ntm32SAU31FtvVcneIa75iHXOlj8412tvJgno7FIxrSU29XDGM/w400-h225/libero.jpg" width="400" /></a></div><br />"Mamma che cringe. Margherita ha un crush con Federico (età 11 anni ndr) ma dopo l'ha friendzonato". Sono rimasta con la narice arricciata, il sopracciglio alzato, l'occhio vitreo e la bocca spalancata, prima di riuscire a decifrare il linguaggio di mia figlia, prima media. Avere un'istruzione medio alta per comprendere il linguaggio dei cosiddetti "ggiovani" può non bastare. Quel che sorprende è la totale accozzaglia e guazzabuglio linguistico che compone il loro gergo, che lo fa sembrare alle volte un gramelot pop. <br /><br />A farla da padrone è l'inglese, snaturato, adattato alle tendenze dialettali e incollato a loro piacimento nelle frasi che declinano. E allora capita che raccontino le vicende dei loro amici esprimendosi con un gergo che concilia Finsbury Park (quartiere a Nord di Londra) con Laurentino 38 (Roma), Rozzano (Milano) e lo Zen (Palermo). <b>Bella bro</b> (da brother, fratello in inglese), o <b>bella sis</b> (da sister, sorella). <br /><br />Capirsi diventa un fatto di linguaggio, come quando ho scoperto che l'altro figlio più piccolo mi dava della <b>nabbo</b>. Nabbo, ovvero: scarso, termine raccolto dal videogame Fortnite, che deriva dall'informale inglese <i>newbie </i>(letteralmente neofita). Quando invece sei uno che se ne intende di qualche argomento o che semplicemente non è incapace ai videogame allora sei "un <b>pro</b>". <br /><br />Le distanze sociali, complice l'avvento di internet, stanno rendendo il divario ancora più vasto e incomprensibile. I membri della Generazione Z (1995-2010) o la successiva generazione Alpha, hanno dei modi di dire propri nati negli ultimi anni oppure importati da altre parti del mondo, che si evolvono e cambiano anche in brevissimo tempo. «II linguaggio dei giovani ha co minciato ad essere oggetto di interesse con il Sessantotto», spiega Valeria Della Valle, linguista in pensione dell'Università La Sapienza di Roma e ospite fisso del programma di Rai Tre dedicato al linguaggio, condotto da Corrado Augias "Le parole per dirlo". «È sbagliato chiamarlo gergo», spiega, «perché sono fenomeni transitori, basti pensare alla parola "scialla", già in disuso. Un linguaggio che si esaurisce con le generazioni, di cui è difficile parlare in maniera generale perché cambiano da città in città, persino da quartiere a quartiere». <br /><br />Parole dunque che dureranno poco, «scrivo da una vita dizionari di neologismi», racconta Della Valle, «e la percentuale di parole che rimangono nella nostra lingua, che siano straniere o dialettali, è minima. La lingua si rinnova ma lentamente». Babel, l'app per imparare le lingue, ha creato un vocabolario per "<b>boomer</b>", gli anzianotti, è un elenco di termini per aiutare i genitori a comprendere gli alieni che si trovano in casa. Per esempio "Ok, boomer" rappresenta la risposta che le nuove generazioni danno quando vengono rimproverati da persone più anziane, ovvero i boomer. Si pensi che nel novembre 2019, Chlöe Swarbrick (un membro del parlamento della Nuova Zelanda) ha detto ad un legislatore anziano "OK, Boomer" dopo aver interrotto il suo discorso sui cambiamenti climatici. Per lo staff dei sottotitoli della TV parlamentare della Nuova Zelanda, l'osservazione di Chlöe Swarbrick si è rivelata incomprensibile. <br /><br />Quando la discussione finisce male, ovvero da genitore torni con le pive nel sacco, loro ti hanno <b>blastato</b>, annientato, altra parola che deriva dall'inglese <i>to blast</i> (esplodere). Il citato termine <b>cringe </b>viene utilizzato per indicare qualcosa che è estremamente imbarazzante, per il quale si prova vergogna. Il significato di questa parola in inglese è infatti "strisciare", "farsi piccolo". L'uso di questo termine è diventato più diffuso a seguito della pubblicazione di alcuni video su YouTube intitolati "Try Not to Cringe", una sorta di challenge nelle quali gli utenti si sfidavano a non provare imbarazzo davanti a delle scene particolari. <br /><br /><b>Friendzonare</b>, questo verbo è senz'altro uno dei più suggestivi. Letteralmente significa "mettere nella zona degli amici" (friend-zone) ed è quindi un modo di respingere le avances di qualcuno. Dalla parola <b>crush</b>, sul dizionario Cambridge <i>crush </i>significa «schiacciare, comprimere, frantumare, stritolare», deriva anche un verbo, italianizzato, <b>crushare</b>: avere una cotta per qualcuno. Sempre dalla lingua di sua maestà Elisabetta II abbiamo <b>smella</b>: (<i>smell</i>) cattivo odore, puzza ("Senti che smella in questa stanza"). <br /><br />Ma perché l'uso di tanti neologismi anglosassoni? «Prestiti e non neologismi, come boomer. È molto diverso da inventare neologismi come fece Dante con "trasumanare, "indiarsi" o "inmillarsi. I giovani non hanno molta fantasia. È il segno che i danni sono altrove», chiosa il linguista e presidente dell'Accademia della Crusca Claudio Marazzini, «Ci accusano di purismo. Ma siamo soggiogati e poco creativi. E l'uso di inglesismi dimostra la debolezza di una nazione, ogni piccola parola ha il suo meccanismo psicologico. I giovani non fanno altro che riflettere le abitudini, come nelle aziende dove le parole italiane sono state del tutto sostituite». <p></p><p><span style="font-family: verdana;">Moltissimo viene attinto dal mondo dei social come <b>stalkerare</b>. Uno "stalking" benigno, ovvero analizzare nel dettaglio il profilo social di una persona. <b>Instagrammabile</b>: quest'aggettivo indica sostanzialmente un qualcosa che merita di essere fotografato e pubblicato sul proprio profilo Instagram. <b>Unfolloware</b>: smettere di seguire una determinata persona su Instagram. Anche <b>direct </b>fa riferimento a Instagram, e il direct è un modo di contattare una persona tramite chat privata. <b>Spottare</b>, le pagine "spotted" dei social network servono per individuare persone che non si conoscono, ma che si sono viste dal vivo. Esempio: "Spotto ragazzo biondo che ieri sera alle 22 era al bar".<br /><br />I ragazzi quando abbandonano l'inglese, e non è detto che sia un bene, si lanciano in crasi di parole italiane, come: <b>amo</b>, abbreviazione di "amore", utilizzata per chiamare confidenzialmente gli amici. O ne inventano di sana pianta come <b>pezzotto</b>, contraffatto, fasullo. Dallo spagnolo e dal mondo di Tik Tok arriva <b>chica mala</b>, ovvero il nomignolo che viene dato a quelle ragazzine (in media dai 10 ai 14 anni) che si atteggiano da adulte e fanno un po' le bullette. Si potrebbe pensare lo stesso di <b>bitch</b>. La traduzione dall'inglese all'italiano di questo termine femminile è decisamente poco carina, tuttavia nello slang giovanile viene spesso utilizzato come semplice sinonimo di ragazza. <br /><br />E i grandi, i matusa, i boomer, di fronte a tutti questi nuovi termini come devono comportarsi? «L'adulto», spiega la professoressa Della Valle, «non si deve adattare al linguaggio, sarebbe un'operazione grottesca da parte dei genitori. Ognuno è bene che parli in base alla cultura della propria età». </span></p><p><span style="font-family: verdana;"><i>(articolo di Chiara Pellegrini pubblicato su il Giornale)</i> </span><br /></p>Massimo Persottihttp://www.blogger.com/profile/10345796918405412218noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3386643861320844088.post-19594961953897352032021-03-17T04:03:00.004-07:002021-03-17T04:03:38.306-07:00Addio ai numeri romani, bufera sui musei parigini<p><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEit21emmMeej8TkZSOQSTMmzjB0KyHelD4yy3CV8WTfKpqTkIvRSlI9AcGBZ4hQLm0wqgVtInuycs1NfYc8u8PW1WbpbdbBTsBdN5yw9Zhw3O_ae6Mvf4JOef4HHAXD4_F4Wg03T4C-orQ/s1172/numeri+romani.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="656" data-original-width="1172" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEit21emmMeej8TkZSOQSTMmzjB0KyHelD4yy3CV8WTfKpqTkIvRSlI9AcGBZ4hQLm0wqgVtInuycs1NfYc8u8PW1WbpbdbBTsBdN5yw9Zhw3O_ae6Mvf4JOef4HHAXD4_F4Wg03T4C-orQ/s320/numeri+romani.jpg" width="320" /></a></div><br />Non chiamatelo più XVI, Luigi, ma 16, È più facile, si capisce meglio, niente più sforzi a decifrare. La rivoluzione, tanto per restare in tema di XVIII, anzi, 18esimo, secolo, sta avvenendo in silenzio dentro i musei - ancora chiusi - di Francia. È stata l'inviata del Figaro, tra i primissimi a poter entrare nel bellissimo Musée Carnavalet, dedicato alla storia di Parigi e reduce da quattro anni di restauro, a notare il cambiamento. Henri IV, il re delle guerre di Religione, Henri "le Grand", è diventato un inedito Henri 4. Louis XVI è 16, e il predecessore, naturalmente, 15. Per non parlare dei secoli: nel percorso cronologico del museo, ai piani superiori ci sono ormai il 16esimo, il 17esimo e il 18esimo secolo. Insomma: sono stati banditi i numeri romani. Troppo difficili e non chiari a tutti. Cosa che conferma Noémie Giard, responsabile dei servizi al pubblico del Museo: «Vediamo tutti che i visitatori leggono poco i testi nelle sale, in particolare quando sono troppo lunghi». L'idea sarebbe dunque di semplificare in modo da attirare l'attenzione del pubblico, anche quello magari meno colto. Il Carnavalet, tra l'altro, non è il primo museo a prendere questa decisione. <br /><br />A quattro fermate di metro, il Louvre ha già fatto da apripista eliminando le cifre romane per i secoli e le date, ma lasciando, almeno per il momento, l'onomastica intatta per i re e le regine. L'intenzione è frutto di lunga riflessione. I quattro anni di chiusura per restaurare il bel palazzo nel cuore del Marais, è servito anche per rivedere tutti i testi esplicativi del Carnavalet, uno dei musei più gettonati per le visite scolastiche e meta obbligata di uscite culturali in famiglia. Testi e didascalie presenti sui pannelli sono stati tutti rivisti e corretti e soprattutto sintetizzati. I numeri romani sono rimasti per i re unicamente sulle spiegazioni più lunghe nelle sale di esposizione. <br /><br />«No! Ma veramente!», con un grido uscito dal cuore ha accolto la notizia Giusto Traina, palermitano, docente di Storia Romana alla Sorbona, autore l'anno scorso di "La storia speciale. Perché non possiamo/are a meno degli antichi Romani" per Laterza, tradotto quest'anno in Francia da Les Belles Lettres con il titolo "Histoire Incorrecte de Rome". «Non so bene perché abbiano deciso questa cosa, ma mi pare una decisione stupidamente populista. C'è l'idea che per avvicinarsi al grande pubblico siano necessari questi eccessi. Mi piacerebbe sapere quale illuminato ha avuto la pensata». Per il professor Traina le cose stanno proprio al contrario: «II vero problema - dice - non è il pubblico, perché il pubblico, anche quello meno preparato, è sempre molto interessato al proprio passato. No: il vero problema è chi decide, sono i politici, o i dirigenti locali, quelli che in qualche modo pensano che "con la cultura non si mangia", o i "medio-colti" che pensano di poter decidere chi sa cosa, e cosa si deve insegnare e cosa no». <br /><br />«Non siamo contrari alle cifre romane, ma semplicemente possono essere un ostacolo alla comprensione» dicono al Museo Carnavalet. Difficile trovare un latinista francese che sia d'accordo. «Meno cifre romane la gente vedrà in giro e meno saprà leggerle» dice semplicemente Francois Martin, professore di latino e greco e presidente del Coordinamento di inse gnanti di lingue antiche. Secondo Rober Delord, altro "militante" latinista e vicepresidente dell'associazione Arrete ton Char, sbaglia di grosso chi pensa all'ignoranza dei più piccoli: «adorano imparare le cifre romane alle elementari, perché per loro è come un gioco». Per allenarsi potranno continuare a leggere i nomi delle strade - boulevard Henri IV mantiene per ora l'iscrizione originale - verificare l'ora sul magnifico orologio della Conciergerie, il più antico di Parigi, o fare affidamento sul tifo: nessuno pensa a ribattezzare la nazionale di rugby, gli amatissimi XV de France.<p></p><p><span style="font-family: verdana;"><i>(Fonte: Il Messaggero)</i> <br /></span></p>Massimo Persottihttp://www.blogger.com/profile/10345796918405412218noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3386643861320844088.post-19773805410836992062021-03-13T02:02:00.005-08:002021-03-16T07:21:11.330-07:00"Chissà perché dobbiamo sempre usare tutte queste parole inglesi"<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen='allowfullscreen' webkitallowfullscreen='webkitallowfullscreen' mozallowfullscreen='mozallowfullscreen' width='320' height='266' src='https://www.blogger.com/video.g?token=AD6v5dwH472j_DwoS40uWhnluTSvS_FAEaFgWoq9DPGMnUtEtLYacBebxcU_LaQXV9GV98aFBBFAs0cWGC4o3HPqbg' class='b-hbp-video b-uploaded' frameborder='0'></iframe></div><span style="font-family: verdana;"><br /></span><p></p><p><i><span style="font-family: verdana;">«Chissà perché dobbiamo sempre usare tutte queste parole inglesi, questo ...». Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, interrompe la lettura del suo intervento per un istante dopo aver pronunciato nel breve volgere di pochi secondi le espressioni «smart working» e «babysitting» e riflette ad alta voce sull'inutile eccesso di anglismi (ma anche pseudoanglicismi visto che "smart working" in inglese non si usa, semmai si dice "working from home" o "remote working"). <br />Ecco il commento di Beppe Severgnini su Corriere della Sera, Sebastiano Messina su Repubblica e Mario Ajello sul Messaggero.</span></i></p><p><i><span style="font-family: verdana;"> </span></i></p><p><i><span style="font-family: verdana;"></span></i></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><i><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEivpBU8d8Lz_VAKX-DIjhxDpuOEOipjmZchg4JWhBjb-BMenVDAqZ2kEu9H4VQ2c2bd3lmOeyckojxRF1mBtcQ6H_JLrKJk_NV19y0GyIhmXiqOLhk94thm172MXX_2BjSKXl82h5k1qtA/s390/severgnini.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="290" data-original-width="390" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEivpBU8d8Lz_VAKX-DIjhxDpuOEOipjmZchg4JWhBjb-BMenVDAqZ2kEu9H4VQ2c2bd3lmOeyckojxRF1mBtcQ6H_JLrKJk_NV19y0GyIhmXiqOLhk94thm172MXX_2BjSKXl82h5k1qtA/s320/severgnini.jpg" width="320" /></a></span></i></div><i><span style="font-family: verdana;"><br /></span></i><span style="font-family: verdana;">"Chissà perché dobbiamo sempre usare tutte queste parole inglesi...", si è chiesto Mario Draghi. Be', semplice: per necessità, per convenienza, per sudditanza, per astuzia, per moda, per alzare il prezzo, per ignavia, per pigrizia, per imprudenza, per consolazione. Per necessità. </span><p></p><p><span style="font-family: verdana;">Parole come <i>social,</i> <i>computer</i> e <i>mouse </i>sono arrivate a cavallo di tecnologie nuove. Alla cavalleria non si resiste, a meno di scansarsi in tempo. I francesi non dicono <i>computer </i>ma <i>ordinateur</i>, gli spagnoli non usano il <i>mouse</i> ma il <i>ratòn</i> (topo). Per convenienza. In inglese, lavorare da casa si traduce <i>working from home</i> o <i>remote working</i>. Perché noi diciamo <i>smart working</i>, allora? Per indorare la pillola che, come sappiamo, è agrodolce. Per astuzia. Quando l'autorità non vuol farsi capire, un tempo usava il latino (Don Abbondio nei «Promessi Sposi») oggi usa l'inglese (il governo Conte 1 con i <i>navigator</i>). Per moda. Dire <i>cash</i> e non contante è un vezzo. E rende meno sgradevole l'evasione fiscale. Per alzare il prezzo. L'<i>underwear</i> costa più delle mutande, avete notato? Per ignavia. I vocaboli italiani talvolta sono troppo chiari: ne abbiamo paura, e ricorriamo all'inglese. Lo <i>stalker</i> è un persecutore. Perché non chiamarlo così? Spruzzare modernità su un reato vergognoso e antico non toglie il cattivo odore. Per pigrizia. <i>Killer</i> è più corto di assassino: nei titoli funziona meglio (e spaventa di meno). Per imprudenza. Perché <i>caregiver</i>? Perché «badante» evoca dipendenza e assistenza continua. Non piace: nè agli assistenti nè gli assistiti e alle loro famiglie. <i>Caregiver</i> forse s'imporrà, ma per ora è una trappola. Ci è caduto dentro, fragorosamente, il governatore del Veneto, Luca Zaia, secondo cui i <i>caregiver</i> sono «gli autisti delle persone disabili» (ha confuso «care» con «car», poi ha lavorato di fantasia). Per consolazione. Perché <i>lockdown</i>? Per esorcizzare quanto è accaduto nell'ultimo anno. «Dove trascorri il <i>lockdown</i>» suona meno drammatico di «Dove sarai recluso?». Buona zona rossa a tutti: passerà anche questa. </span><i><span style="font-family: verdana;"><br /></span></i></p><p><i><span style="font-family: verdana;"></span></i></p><p><i><span style="font-family: verdana;"></span></i></p><p><i><span style="font-family: verdana;"></span></i></p><p><i><span style="font-family: verdana;"></span></i></p><p><i><span style="font-family: verdana;"></span></i></p><p><i><span style="font-family: verdana;"></span></i></p><p><i><span style="font-family: verdana;"></span></i></p><p><i><span style="font-family: verdana;"></span></i></p><p><i><span style="font-family: verdana;"></span></i></p><p><i><span style="font-family: verdana;"></span></i></p><p><i><span style="font-family: verdana;"></span></i></p><p><i><span style="font-family: verdana;"></span></i></p><p><i><span style="font-family: verdana;"></span></i></p><p><i><span style="font-family: verdana;"></span></i></p><p><i><span style="font-family: verdana;"></span></i></p><p><i><span style="font-family: verdana;"><br /><br /></span></i></p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhGGBnZd8WBEcJlYRM7WYcCuExEVKjLLhBVHpxfBUpF1x2pMzcafRJ9UeWlLq2cQ80mawobf0W5FpyTwiM0aOhjGXmb2h_YieaWiusRJzE7Alnf-p2j2mlXY462mRB2HKc5kVCrofDm5UM/s577/messina.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="160" data-original-width="577" height="111" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhGGBnZd8WBEcJlYRM7WYcCuExEVKjLLhBVHpxfBUpF1x2pMzcafRJ9UeWlLq2cQ80mawobf0W5FpyTwiM0aOhjGXmb2h_YieaWiusRJzE7Alnf-p2j2mlXY462mRB2HKc5kVCrofDm5UM/w400-h111/messina.jpg" width="400" /></a></div><span style="font-family: verdana;"><br />Ieri, parlando del baby sitting per chi non fa smart working, Mario Draghi si è domandato ad alta voce: «Chissà perché dobbiamo sempre usare queste parole inglesi». Era ora che qualcuno lo dicesse, perché purtroppo ormai le usiamo senza neanche rendercene conto. Perciò, ascoltandolo, ho pensato: wow, ecco un leader che nel suo speech non fa lo snob. E proprio nel meetingtra gli stand dell'hub nel parking del terminal di Fiumicino, dice ai manager, allo staffe ai millenniais che è ora di dare uno stop al mainstream. È una mission da mettere al top della short list del premier, magari dopo il Recovery Plan. Whatever it takes.</span><p></p><p> </p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgnSvrQAimLew5Bgcuq9zby-ExkvUWGk22aSn4Bajso7JCG18JeZaDE0fc0QtUfdF9OZGpNjzsFJIOlCfG3Cb7enbbuxKgDbT8g0LHrMJCRqU-VaNHzpLTgV4_Jdd5eRXvNr5o8QvPYqmg/s607/ajello.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="230" data-original-width="607" height="151" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgnSvrQAimLew5Bgcuq9zby-ExkvUWGk22aSn4Bajso7JCG18JeZaDE0fc0QtUfdF9OZGpNjzsFJIOlCfG3Cb7enbbuxKgDbT8g0LHrMJCRqU-VaNHzpLTgV4_Jdd5eRXvNr5o8QvPYqmg/w400-h151/ajello.jpg" width="400" /></a></div><span style="font-family: verdana;"> </span><p></p><p><span style="font-family: verdana;">Proprio mentre si combatte una battaglia patriottica, la tutela degli italiani e dell'italiano, inteso come lingua, dovrebbero andare insieme. Se n'è accorto Mario Draghi, il quale subito dopo aver pronunciato nel suo discorso dall'hub di Fiumicino (ma invece di chiamarlo hub lo ha definito «il luogo da cui sto parlando») le espressioni «smart working» e «babysitting» si è fermato per un istante e ha guardato dritto nelle telecamere. Ed ha quindi aggiunto: «Chissà perché devo usare tutte queste parole inglesi, non lo so...». </span></p><p><span style="font-family: verdana;"></span></p><p><span style="font-family: verdana;">Una critica a se stesso ma più che altro al provincialismo pigro e modaiolo dei troppi che, sia prima sia soprattutto durante la pandemia e specie a livello istituzionale e di discorso pubblico, non fanno che rinunciare all'italiano. In favore di anglismi, pseudoanglismi, formule da inglesorum o da itanglese o eurish, che farebbero pensare - ma è un errore da matita blu - che il nostro Paese non abbia una lingua di cultura capace di trattare qualsiasi contenuto scientifico e sanitario. II che non solo non è vero, ma il crederlo segnala una mancanza di autostima nazionale, una forma di subalternità che non meritiamo di infliggerci, un danno auto-prodotto che abbassa inopinatamente la credibilità dell'Italia a livello internazionale. </span></p><p><span style="font-family: verdana;">Non si tratta qui di esaltare la grandezza della lingua di Dante, di cui tra l'altro ricorre il settecentesimo anniversario dalla morte. Ma di ribadire - e la sferzatina di Draghi a questo vuole servire - che siamo un'eccellenza anche in campo linguistico e dobbiamo avere l'orgoglio di riconoscercelo. Non si deve dire per forza lockdown, e infatti il capo del governo - stavolta è meglio non chiamarlo premier - ha usato l'equivalente italiano: chiusure o restrizioni. E c'è un equivalente italiano, dunque non provinciale ma universale (ci si è forse dimenticati che il nostro idioma deriva dal latino che ha conquistato il mondo?), per qualsiasi fonema di quelli che, come registra criticamente anche la Treccani nel "Libro dell'anno 2020" naturalmente dedicato per lo più alla pandemia, spopolano alcune maggiormente e altre meno in questo periodo: cluster, triage, daily tampon, covid hospital, covid manager, covid free, social distancing, contact tracing, spillover, swab room (stanza dei tamponi), droplet (emissione di secrezioni respiratorie e salivari), south working (lavoro da remoto), tipping point (punto di non ritorno) e via così. </span></p><p><span style="font-family: verdana;">Quando Draghi ha parlato delle difficoltà psicologiche di molti di noi, che in evitabilmente potrebbero aggravarsi per effetto delle nuove misure restrittive purtroppo necessarie, avrebbe potuto dire «pandemie fatigue» e invece ha detto proprio difficoltà psicologiche. Pur essendo lui formatosi negli Stati Uniti ed essere stato per quasi dieci anni al vertice delle istituzioni europee, con sede a Francoforte. Le contaminazioni linguistiche, pur essenziali per l'evoluzione umana, sono del resto sempre state criticate da chi, ben prima di Draghi, ci vedeva lungo. Cicerone contestava l'invasione delle parole greche nel latino. George Orwell, nel saggio Politics and the English Language, inorridiva al pensiero che l'inglese potesse essere invaso da parole d'origine straniera perché ha già tutti i vocaboli che servono. E questa è esattamente la situazione dell'italiano moderno. Che certo non deve vivere di autarchia, ma neanche pensarsi inferiore. </span></p><p><span style="font-family: verdana;">Draghi ha cercato ieri di dire la verità, senza indorare la pillola, sui sacrifici richiesti. E lo ha fatto con una retorica di tipo classico, secca, conforme al meglio della tradizione italiana, di derivazione latina, basata su parole che indicano cose e non si astraggono, non si arrampicano, non formano arabeschi, si fanno pesare nella loro solidità e non nella loro volatilità. Praticamente, il capo del governo ha detto, come sua vecchia abitudine di quando doveva salvare l'euro, «Whatever it takes». Ma è in italiano che ha pronunciato questo suo «faremo tutto ciò che è necessario» (contro la pandemia). Con questa netta scelta culturale del «chissà perché devo usare tutte le parole inglesi». Draghi mette insomma il dito nella piaga. Fa capire che continuando così, rinunciando alla nostra lingua, rinunciamo alla nostra identità. Cioè alla nostra forza culturale e nazionale, che è indispensabile insieme a tutto il resto per uscire dal contagio e per evitare il grande fallimento. E guai a chiamarlo «epic fail».</span></p>Massimo Persottihttp://www.blogger.com/profile/10345796918405412218noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-3386643861320844088.post-89271806562234484602021-02-28T00:25:00.001-08:002021-02-28T00:25:02.625-08:00La (sotto)missione dei sottosegretari<p><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj2CY7TPG1E2VIIV2Upgrs3lkyq3ekK_BgL-Hd6LiFaY_f_M-zMy8wcLs_6UCD3V1ckHao9gGy0JUIQ0uT1Y_nEMfkJUBFBEai4hiSNir5la5mL6bzYx5kE8sCEDH5rrcPpiyaUTzYjBBs/s1291/sottosegr.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="671" data-original-width="1291" height="208" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj2CY7TPG1E2VIIV2Upgrs3lkyq3ekK_BgL-Hd6LiFaY_f_M-zMy8wcLs_6UCD3V1ckHao9gGy0JUIQ0uT1Y_nEMfkJUBFBEai4hiSNir5la5mL6bzYx5kE8sCEDH5rrcPpiyaUTzYjBBs/w400-h208/sottosegr.jpg" width="400" /></a></div><br />Nel nome una (sotto)missione. C'è qualcosa di più sotto di un sottosegretario? Un sottaceto, una sottocultura, una sottomarca, un sottoproletario, un tizio sottoterra (Six Feet under), un sottobosco, un sottoprodotto, un sottovalutato, un sottoscala? I prefissi (da quello telefonico a quello linguistico) sono tutto, segnano il nostro comunicare. Al femminile, poi, è ancora peggio, l'equivoco è sotto gli occhi: la sottosegretaria sarà mica quella che fa le fotocopie alla segretaria? <br /><br />Cosi capiamo quanto siano superflue le polemiche sui coadiutori del ministro: il sottosegretario leghista all'Istruzione, Roberto Sasso, ha citato Dante ma era Topolino; succede. Manlio Di Stefano, sottosegretario agli Esteri del M5S, ha fatto confusione tra «libici» e «libanesi»; capita. La senatrice della Lega Stefania Pucciarelli, sottosegretaria al ministero della Difesa, ha scritto frasi sui social che evocano la discriminazione razziale; acqua passata. <br /><br />Un sottosegretario è, per definizione, un sottoccupato e più i ministri saranno all'altezza, più i sottosegretari saranno relegati al sottogoverno. La loro è un'attività sottodimensionata, spesso sottovuoto spinto. <br /><br />C'è chi cerca il paradiso nella sottomissione (come paventa Michel Houellebecq), alcuni sottosegretari si accontentato di un po' di sottopotere.<p></p>Massimo Persottihttp://www.blogger.com/profile/10345796918405412218noreply@blogger.com1