Popolo e partito

Due parole che sembravano scomparse dal linguaggio della politica italiana sembrano tornate improvvisamente di moda in queste ultime settimane. Popolo e partito.

La sovranità appartiene al popolo, recita l'art.1 della nostra Costituzione. Ma la definizione di popolo, nel senso più alto, non sembra più appartenere al nostro tempo. Forse perchè l'idea di popolo e quindi di nazione, di Stato, non è mai veramente appartenuta alla storia del nostro Paese. Non ce ne vorranno i nostri padri fondatori. Perchè è pur vero che nel Risorgimento la parola popolo evocava il sentimento di libertà, di liberazione dallo straniero. Scrive Francesco Merlo su Repubblica che ancora nel fascismo il popolo era una "figura spettacolare del nazionalismo imperialista" e nel dopoguerra continuava ad avere un senso "sia per la sinistra che si riaggancia al Risorgimento (...) ma anche per i cattolici che organizzano il popolo dei credenti". Oggi però questa parola sembra abbia perso il suo significato nobile di un tempo. E spesso sembra svilirsi nel suo uso e abuso. E non solo per i richiami al popolo padano o al popolo siciliano, per dirla come certe leghe e autonomie, ma anche per il suo ridimensionamento a: popolo dei fax, popolo delle primarie, popolo delle partite IVA, popolo di internet per finire nel tritacarne calcistico con il popolo giallorosso, popolo biancazzurro, popolo bianconero e via discorrendo.

Anche il termine partito sembrava perduto, dimenticato, spesso sintesi estrema di un sistema della politica impopolare e a cui era facile associare parole come partitocrazia, spartizione, Palazzo .. oppure finito con l'assumere il senso di "parte" quindi "fazione" spesso con forte connotazione negativa: partito degli inquisiti, partito dei giudici, partito anti Pool. Ci spiega Gian Luigi Beccaria su La Stampa che il termine partito si è cominciato ad usare con questo preciso significato nella seconda metà del Trecento. Un uso che è diventato nel tempo una sorta di abuso perchè dalla fondazione del Partito socialista italiano (1892) ad oggi, la storia italiana conteggia qualcosa come 157 formazioni politiche. Ecco perchè forse per un certo periodo si è preferito ricorrere ad altre denominazioni per definire queste entità. C'è stato il periodo della "casa" e dei "poli" (delle Libertà, del Buongoverno ...); c'è stata la stagione dei neologismi di estrazione botanica: dalla quercia pidiessina all'Ulivo, la Margherita, voci nuove - scrive Beccaria - che "nascono in un già florido orto che aveva proposto l'edera repubblicana, il garofano socialista, la rosa radicale". Fino a scoprire una nuova identificazione nei "circoli" (il Circolo della Libertà della Brambilla). Ora si torna a partito. Lo sceglie il centro-sinistra con il Partito Democratico, sembrerebbe sceglierlo Berlusconi con il suo partito del popolo.

"Non sarebbe un gran male - ci rassicura Beccaria - se riuscissimo a limitarne il numero e non cominciare con rivoli dispersivi di correnti. Perchè adesso l'Italia è proprio a mal partito. Vogliamo mettere testa a partito?"

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