Il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, contesta l'accezione fortemente negativa che ha assunto il termine nel gergo comune.
Rispondendo ad una domanda di Lilli Gruber nel libro "Le streghe" (Rizzoli), afferma:
"E' denigratorio, ha un sottinteso discriminatorio e un po' razzista, e ben poco femminista, secondo il quale una bella ragazza dovrebbe essere necessariamente sciocca o incolta ... Le cosidette veline sono ragazze che svolgono un compito molto meno facile di quello che si crede ... devono avere, oltre ad un bell'aspetto, anche talenti che spesso si sottovalutano. Devono saper ballare, saper stare sulla scena, saper trasmettere simpatia e anche, anzi soprattutto, molta ironia e autoironia. Non per caso molte protagoniste del mondo dello spettacolo hanno cominciato proprio facendo le veline".
Antonio Ricci, ideatore della trasmissione Striscia la notizia e inventore delle veline, ha risposto citando il testo della sigla del programma nell'edizione 2002-2003 in cui veline era accostato a "giudici, monaci, socioeconomisti, giornalisti col sorriso fru-fru, politici, neopopulisti, tutti in tv per piacersi di più: veline, fan tutti le veline".
Il termine velina ha origine antica. Proviene dal francese vélìn (di vitello) in uso fin dal Quattrocento per indicare il foglio bianco, liscio, sottile e resistente, ricavato dalla pelli di vitellino da latte. In periodo fascista, la velina diventa per astrazione il foglio di carta - per l'appunto - velina contenente tutte le disposizioni obbligatorie da seguire. Erano in carta velina perché dovendo essere scritte a macchina e in molte copie, più sottile era la carta e più se ne potevano scrivere con una singola battitura, ponendo la carta carbone tra l'una e l'altra.
La velina sopravvive al fascismo per diventare termine in uso negli ambienti giornalistici come notizia diffusa da un'agenzia di stampa.
Per l'Accademia della Crusca la recente popolarità del termine sarebbe però in un erroneo collegamento etimologico con l'abbigliamento (vel-) e con la giovane età (-ina) delle interpreti.
Rispondendo ad una domanda di Lilli Gruber nel libro "Le streghe" (Rizzoli), afferma:
"E' denigratorio, ha un sottinteso discriminatorio e un po' razzista, e ben poco femminista, secondo il quale una bella ragazza dovrebbe essere necessariamente sciocca o incolta ... Le cosidette veline sono ragazze che svolgono un compito molto meno facile di quello che si crede ... devono avere, oltre ad un bell'aspetto, anche talenti che spesso si sottovalutano. Devono saper ballare, saper stare sulla scena, saper trasmettere simpatia e anche, anzi soprattutto, molta ironia e autoironia. Non per caso molte protagoniste del mondo dello spettacolo hanno cominciato proprio facendo le veline".
Antonio Ricci, ideatore della trasmissione Striscia la notizia e inventore delle veline, ha risposto citando il testo della sigla del programma nell'edizione 2002-2003 in cui veline era accostato a "giudici, monaci, socioeconomisti, giornalisti col sorriso fru-fru, politici, neopopulisti, tutti in tv per piacersi di più: veline, fan tutti le veline".
Il termine velina ha origine antica. Proviene dal francese vélìn (di vitello) in uso fin dal Quattrocento per indicare il foglio bianco, liscio, sottile e resistente, ricavato dalla pelli di vitellino da latte. In periodo fascista, la velina diventa per astrazione il foglio di carta - per l'appunto - velina contenente tutte le disposizioni obbligatorie da seguire. Erano in carta velina perché dovendo essere scritte a macchina e in molte copie, più sottile era la carta e più se ne potevano scrivere con una singola battitura, ponendo la carta carbone tra l'una e l'altra.
La velina sopravvive al fascismo per diventare termine in uso negli ambienti giornalistici come notizia diffusa da un'agenzia di stampa.
Per l'Accademia della Crusca la recente popolarità del termine sarebbe però in un erroneo collegamento etimologico con l'abbigliamento (vel-) e con la giovane età (-ina) delle interpreti.
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