Da Milleproroghe a Pocheproroghe

La discontinuità è anche lessicale, scrive Mattia Feltri (La Stampa). E così il governo sancisce la fine del Milleproproghe, il decreto omnibus diventato nel tempo "un vagone di rinfuse sul quale caricare di tutto" (Sergio Rizzo, Corriere della Sera).

"Il decreto non può più essere denominato 'milleproroghe'", si legge nel comunicato diffuso da Palazzo Chigi, perchè contiene "un ridotto numero delle proroghe"; in particolare, "sono stati prorogati solo alcuni termini il cui differimento è risultato, dopo attenta istruttoria, assolutamente necessario pergarantire efficienza ed efficacia dell'azione amministrativa, nonché operatività di strutture deputate a funzioni essenziali".

Il Ministro della Cooperazione, Andrea Riccardi, sintetizzando ha affermato: dal 'Milleproroghe' al 'Poche Proroghe'.


E' il tramonto di un termine nato 19 anni fa, invenzione del governo di Giuliano Amato. Quel decreto, in origine contenuto, conteneva disposizioni sugli sfratti, il foglio rosa di guida, le opere pubbliche. "La gestione della cosa pubblica era talmente scriteriata che raramente lo Stato riusciva a rispettare le scadenze che esso stesso fissava", scrive Rizzo .

Ma la sobrietà iniziale ha lasciato presto il passo a un "pentolone" capace di dar sfogo alla più sfrenata fantasia dei parlamentari che approfittavano dell'ingresso in Aula del testo per imbarcarvi provvedimenti improbabili o al limite del senso del ridicolo.

"Negli anni - scrive Mattia Feltri - si ricordano provvedimenti a favore delle domande degli eredi austroungarici per ottenere la cittadinanza italiana, uno spettacolare differimento del divieto di fumo nei locali (era il 2004) con cui salvare il Capodanno dei tabagisti, un commino del governo Berlusocni che azzerò ild ebito dei partiti, i soldi per i terremotati del Belice (calamità del 1968), l'uso dei caschi per i bambini sciatori, la rottamazione delle lavatrici". Un "mercato ortofrutticolo" lo ribattezzò un deputato.

L'ultimo Milleproroghe, quello approvato all'inizio del 2011, era di 130 pagine. "Non lo rimpiangeremo", scrive Sergio Rizzo.

Approfondimenti:
E il premier «abolì» il milleproroghe: nome ora inadeguato (Corriere della Sera, 23 dicembre 2011

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