Democristianeria

Lo spiegava bene già il 2 maggio scorso il giornale digitale Linkiesta: "È stato unanimemente sottolineato l'alto tasso di 'democristianeria' nella composizione dell'esecutivo di larghe intese guidato e formato da Enrico Letta". Quasi un mese dopo, il sindaco di Firenze Matteo Renzi ci torna sopra a mò di denuncia: "C'e' un eccesso di democristianeria nel governo, e non di quella buona", ha detto durante la trasmissione 'Otto e mezzo', su La7, il 29 maggio. Precisando: "Una parte di liturgia democristiana nel governo mi pare un tantinello eccessiva".

La democristianeria non è un neologismo, semmai è un ritorno in auge di un termine e di una filosofia nel far politica che il berlusconismo e il bipolarismo sembrava avesse seppellito. In tutti questi anni, i nemici della 'balena bianca' avranno più volte rimasticato soddisfatti il famoso titolo di Luigi Pintor «Non moriremo democristiani», sferzato sulle colonne del manifesto il 28 giugno di 30 anni fa esatti, all'indomani del tonfo elettorale della Dc di De Mita. Convinti che quell'era politica, se non tramontata nel 1983 come si augurava l'allora direttore del quotidiano comunista, si fosse liquefatta nei rivoli dei partitini di centro durante la Seconda Repubblica. 

Un'avvisaglia l'aveva però lanciata Nichi Vendola, lo scorso 7 gennaio, quando aveva definito una "democristianeria senza la dc, democristianeria da Grande Oriente d'Italia" l'invito di Mario Monti a Bersani di tagliare le ali, tra cui Sel, in vista delle elezioni. Un segnale? Chissà. Ma il tempo e la storia sono spesso architetti di misteriosi accadimenti: e quando il 6 maggio scompare Giulio Andreotti sembra ironia della sorte che il lutto si compia nei giorni del ritorno della democristianeria e di quella 'filosofia consociativa' (Dagospia) di cui proprio Andreotti ne è stato fiero paladino.

La democristianeria è - spiega Treccani - quella "maniera di gestire l'attività politica propria dei democristiani", termine già attestato sul quotidiano la Repubblica nel 1986 (25 marzo 1986, Paolo Guzzanti). E più volte richiamato da politici e commentatori. Ricorda Jacopo Jacoboni (La Stampa, 31 gennaio 2008) una delle "metafisiche locuzioni della democristianeria" invocata da Mario Baccini durante una riunione di partito: "«scusate, devo sprigionare un pensiero»".

Oggi, la democristianeria è ben diversa, non ci troviamo più di fronte la classe politica sopravvissuta "al ventennio seguito alla scomparsa della Dc - scrive Linkiesta - quanto piuttosto un plotone di quarantenni giunti alla prima fila della vicenda politica e in gran parte segnato dall'impronta di una comune formazione". Sono i Letta, Franceschini, Del Rio da un lato e gli Alfano e Lupi dall'altro, ma anche i Mauro e D'Alia nell'area centrista, tanto per citarne alcuni.

E allora forse ha ragione Pippo Civati che commentando il 30 maggio il voto sulla mozione Giachetti per il ritorno al 'mattarellum' sottolinea: "Qui c'é anche un po' di cretineria, non solo troppa democristianeria".

Commenti

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