Fatal, da Novara a Verona? Meglio 'bestia nera'

«–Ahi! mal tu sali sopra il mare nostro,/Figlio d’Absburgo, la fatal Novara./Teco l’Erinni sale oscura e al vento/Apre la vela» (da Miramar, Giosué Carducci). 

E' curioso come da una erronea attribuzione di un verso di uno più grandi autori italiani, sia nata una espressione che oggi ha acquisito il significato più ampio di sconfitta ed umiliazione.

Ma iniziamo dal principio. Il 23 marzo 1849 a Novara si consuma una drammatica e decisiva battaglia della Prima guerra di indipendenza italiana. L'esercito austriaco guidato dal maresciallo Josef Radetzky sconfigge l'armata piemontese e induce Carlo Alberto alla abdicazione. Per la città piemontese è suo malgrado il principio di una vicenda che intreccia storia e letteratura. Si evoca infatti spesso l'espressione 'fatal Novara' attribuita a Giosuè Carducci come sinonimo di cocente e terribile sconfitta e ogni città accostata al termine 'fatal' assume quel connotato.

Come per 'fatal Verona', spesso richiamata in questi ultimi giorni, in occasione dell'incontro che ha aperto il campionato di serie A 2013-2014, Verona-Milan. Una sorta di leggenda calcistica, nata il 20 maggio 1973 quando, era l'ultima giornata di quel campionato, il Milan di Nereo Rocco inopinatamente perse nella città di Romeo e Giulietta per 5-3 una partita che sembrava scontata e lasciò lo scudetto già in tasca ad una incredula Juventus. 'Fatal Verona' si cominciò a scrivere. E dato che nel calcio, e nello sport in genere, certe leggende sono dure a morire, ecco che 40 anni dopo la 'fatal Verona' torna a colpire e nella prima di campionato, sabato 24 agosto 2013, la neopromossa Verona surclassa di nuovo il Milan per 2-1. Poi, andando a vedere le statistiche, si legge che delle 9 partite giocate al Bentegodi, il Milan di Berlusconi in fondo ne ha vinte 4, pur perdendone 3 e pareggiate 2. Ma le statistiche nulla possono contro il sentimento popolare.

Per consolarsi, i tifosi rossoneri potrebbero una volta per tutte contestare l'espressione tanto odiata. Certamente introdotta da Giosué Carducci, ma con ben diverso significato rispetto a quanto successivamente assunto. La 'fatal Novara' del Carducci infatti è la nave di Massimiliano d'Asburgo, nella poesia Miramar. La Novara teatro delle celebre sconfitta piemontese è invece ricordata dal poeta nella celebre Piemonte (dalle Odi barbare) dove parlando di Carlo Alberto, Carducci scriveva:

«E lo aspettava la brumal Novara/e a' tristi errori meta ultima Oporto./...»

Brumal Novara, così Carducci descrisse la città, e non fatal, termine invece usato per la nave Novara di Massimiliano d'Asburgo. Il contenzioso letterario-calcistico può trovar facile soluzione. Basta ricorrere ad una più incontestabile espressione: bestia nera. Come ben spiega Treccani, bestia nera (dal francese bête noire) è "cosa o persona odiata e temuta, che anche solo con la presenza o il ricordo turba e ossessiona, idea fissa: il capoufficio è la sua bestia nera; Cartagine, la bestia nera di Catone; ...".

L'origine del detto risale al Medioevo quando il diavolo veniva dipinto come un animale di color nero con occhi fiammeggianti. Applicato ai tempi odierni e al calcio, c'è una bestia nera per ogni squadra e per ogni tifoso, ma per noi italiani la bestia nera è in fondo una dolce espressione e forse anche per questo la preferiamo ad altre soluzioni linguistiche. Già, perché, come ricorda sempre Treccani, bestia nera si usa per "cosa o persona che non si è mai riuscita a battere: nei mondiali di calcio l’Italia è la bestia nera della Germania".


Questo articolo è stato pubblicato sul blog 'Il Salvalingua' su radioradio.it
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