Il 2013 in due parole, selfie e crisi. In attesa della rinascita

In inglese è selfie e si guarda alle nuove frontiere, in Italia domina crisi dopo gli anni dello spread e il retrogusto è sempre amaro. Le parole dell'anno in fondo sono anche una rappresentazione delle nostre società. 

Con il 2013 ormai alle spalle, è possibile tracciare un bilancio attraverso proprio le parole. Per la lingua inglese, il prestigioso Oxford English Dictionary ha individuato in selfie il neologismo dell'anno. Secondo i lessicografi d'oltremanica, selfie, l'autoscatto fatto usando uno smartphone o una webcam e poi pubblicato sul web, non ha avuto praticamente concorrenti. 

La frequenza di questa parola nella lingua anglosassone è cresciuta del 17.000% rispetto al 2012. Statistiche, è vero. Ma il fotografarsi da soli e poi condividere lo scatto sui social è realmente la moda degli ultimi mesi. Dal presidente Obama all'astronauta Mike Hopkins, i fedeli con Papa Bergoglio e poi i vip del mondo dello spettacolo: tutti pazzi per il selfie, una abbreviazione 2.0 di 'self-portait' che con l'evoluzione delle tecnologie digitali e il boom di piattaforme come Instagram, Snapchat per non parlare di Facebook e Twitter, è finito col diventare una vera e propria forma di comunicazione. 

Per le star è un modo "per dare agli altri un senso di chi siamo, un modo per dire 'Salve, questo sono io'", ha scritto sul New York Times l'attore-regista James Franco. Anche nel chiacchiericcio politico nostrano, il termine ormai trova spazio. Matteo Renzi chiede che le riforme vengano fatte con tutti i partiti perchè "le regole si scrivono insieme, la riforma selfie non esiste". 

In Italia, invece, in assenza di una prestigiosa istituzione che certifichi le novità lessicali dell'anno, sono soprattutto i quotidiani online a proporre una tendenza coinvolgendo i propri lettori. Dal sondaggio del sito repubblica.it è emersa crisi come parola più rappresentativa del 2013. Nulla di nuovo, insomma. Da cinque anni a questa parte, da quando cioè siamo entrati nella fase recessiva più drammatica dal secondo dopoguerra, le parole-simbolo hanno sempre fotografato il momento storico che stiamo vivendo e interpretato gli umori e la condizione sociale degli italiani. Ed è stato un continuo rincorrersi tra termini come spread, decadenza e crisi. 

"La crisi, da epidemica, punta a diventare endemica - spiega su repubblica.it il linguista Massimo Arcangeli - continua a rubare il futuro alla speranza, alla fiducia, alla ripresa; a tenerle sotto scacco; a renderle quasi impronunciabili". 

Conferma anche Valeria Della Valle, docente di lingua italiana all'Università di Roma La Sapienza, che intervistata al Salvalingua del 31 dicembre scorso esprime un auspicio per il 2014: "Un mio desiderio? Veder retrocedere la parola 'crisi' e vederla sostituita dalla parola 'rinascita' che può essere interpretata in tanti modi. Può essere una rinascita politica, sociale, economica ma anche religiosa. Si può rinascere in tanti modi e speriamo che tante parti del mondo possano rinascere e da tanti punti di vista, non solo quello economico". 

Questo articolo è stato pubblicato anche su radioradio.it

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