L'ingresso
della figura del magnate nel calcio ha rivoluzionato il panorama
continentale, spostando gli equilibri economici, ma ovviamente anche
competitivi, dei grandi club. In Italia, però, si fa fatica a capire se
il termine può essere inteso come un sostantivo o, semmai, un più
ruspante verbo.
Usmanov,
Ahmetov, Al Mansour. Molto spesso vengono da paesi lontani, se non
esotici, con scarsa tradizione calcistica, ma hanno grandi risorse
finanziarie e capacità organizzative. Ecco perchè sono diventati, o
potrebbero rapidamente diventare i padroni del pallone.
L'apripista
fu Roman Abramovich che proprio nel 2013 ha spento la sua decima
candelina di guida del Chelsea. In dieci anni ha vinto una Champions
League, una Europa League, tre Premier League, 4 FA Cup e 2 League Cup;
un discreto bottino per il club londinese che non vinceva il titolo
nazionale dal 1955 e non contava certo su un particolare pedigree
europeo. Per ottenere questi risultati, Abramovov ha aperto il
portafoglio pesantemente: 683,75 milioni di sterline spesi.
Dopo
Abramovich, il diluvio. Imprenditori, finanzieri, sceicchi, re
dell'acciaio o del gas, petrodollari e rubli ... per ricchi (o
arricchiti) del pianeta, il calcio, soprattutto europeo, è diventato
vetrina straordinaria e giocattolo (carissimo) per investire denaro e
acquisire potere.
I
'fat cats' (i ricconi) o i magnati overseas (oltremare, straniero) come
li definiscono in Inghilterra hanno innaffiatto e (per certi versi)
adulterato la Premier League. E poi, pian piano, hanno esteso anche ad
altri paesi le loro mire. Sta accadendo qualcosa di simile in Francia,
dove il mega-imprenditore russo Dmitri Rybolovlev (Monaco) e il magnate
Nasser Al-Khelaifi (PSG) hanno sbancato investendo solo la scorsa estate
146 milioni di euro (il primo) e 110 milioni (il secondo), collocandosi
al primo e terzo posto dei più spendaccioni in Europa nella sessione di
mercato del 2013.
E
in Italia? L'abbinamento di 'magnate' al calcio ha più provocato
ilarità che risultati. Dal presunto sceicco giordano al Qaddumi, per la
Roma, al finanziere texano Tim Barton (una quasi ononimia con il regista
Tim Burton), per il Bari, sono molti gli esempi di 'bufale' che hanno
messo a dura prova le coronarie dei tifosi dei club italiani.
E
anche quando un vero magnate è arrivato, l'imprenditore indonesiano
Erick Thohir, c'è chi ha sollevato qualche dubbio. Così, gli interisti
che si attendevano subito 'effetti speciali' hanno dovuto frenare i loro
entusiasmi di fronte alle lapidarie parole del neo-presidente: "Abbiamo
bisogno di vendere per creare le adeguate condizioni economiche per
comprare".
Ecco
perchè comincia a trapelare la sensazione che in Italia alla parola
magnate corrisponda ben poco il senso di - come scrive la Treccani -
persona "ragguardevole per autorità e potenza". Così, c'è chi ormai
ritiene che il 'magnate' da noi più che un sostantivo, sia piuttosto da
intendere come voce verbale del più romanesco e pittoresco 'magnare'!
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