Metodo Boffo nel Pd? Per Renzi, solo "metodo buffo"

Bersani riesuma contro Renzi l'espressione di sapore berlusconiano 'Metodo Boffo', uscita infelice o perfetta sintesi del clima da resa dei conti all'interno del Pd?

L'ex segretario democratico è stato chiaro: "Noi sull'orlo del baratro non ci andiamo per l'articolo 18 ma per il metodo Boffo, perché se uno dice la sua, deve poterlo fare senza perdere la dignità". Accuse dure lanciate durante la direzione del partito, lunedì 29 settembre.

Tradotto dal bersanese, si accusa Renzi di marchiare i dissidenti con epiteti ormai entrati nel lessico politico che caratterizza il presidente del Consiglio: i gufi, i sabotatori.

Quindi, al di là del tema al centro dello scontro, è il modo con cui si tratta chi ha un pensiero diverso a scatenare la reazione di Bersani. Da qui, il preciso uso del 'Metodo Boffo'.

Che si ricordi, è la prima volta che tale espressione sconfina dall'area di centro-destra per approdare nel confronto dialettico del centro-sinistra.

Vale la pena ricordare come nasce questa espressione.

Era l'estate del 2009, cominciarono a circolare racconti e testimonianze su frequentazioni dell’allora Presidente del Consiglio Berlusconi con alcune prostitute. Il quotidiano Avvenire fu uno dei critici al riguardo. L'allora direttore, Dino Boffo, si rese autore di alcuni editoriali molto forti contro Berlusconi. Il 28 agosto 2009 Vittorio Feltri sul Giornale accusò Boffo di essere “incoerente” pubblicando un documento, presentato come una informativa della polizia, dove si leggeva che Boffo era stato "querelato da una signora di Terni destinataria di telefonate sconce e offensive e di pedinamenti volti a intimidirla, onde lasciasse libero il marito con il quale il Boffo, noto omosessuale già attenzionato dalla Polizia di Stato per questo genere di frequentazioni, aveva una relazione”.

Nacque un caso, Boffo si disse estraneo alla vicenda, ma fu travolto e ad inizio settembre fu costetto a dimettersi, Feltri successivamente ritrattò e fu sospeso dall'Ordine dei Giornalisti per tre mesi.

Da lì, l'espressione 'Metodo Boffo' diventa sinonimo di "campagna di stampa basata su bugie allo scopo di screditare qualcuno".

Ma va anche oltre, finendo con il ricomprendere tutte quelle operazioni mediatiche volte a denigrare un personaggio pubblico usando verità, mezze verità, ma anche falsità.

Metodo Boffo ha mandato in soffitta altre espressioni celebri come killeraggio mediatico o macchina del fango. E nel tempo l'evocazione del Metodo Boffo ha colpito l'allora Presidente della Camera Fini, il giudice Mesiano, la pm Ilde Bocassini, Veronica Lario, Nichi Vendola. Fino ai ministri Pdl che giusto un anno fa diffusero un comunicato rivolto al direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, dicendogli che con loro "non funzionerà il metodo Boffo". In un editorale, Sallusti aveva avvertito che chi volta le spalle al Cavaliere, avrebbe fatto la fine di Gianfranco Fini. Erano i giorni che avrebbero preceduto la scissione nel Pdl, con Alfano e gli altri protagonisti della successiva fuoriuscita definiti "diversamente berlusconiani".

Un anno dopo, torna il Metodo Boffo e trova casa nel Pd. Forse solo una fugace apparizione, stando alla replica di Matteo Renzi: "Tutta la mia solidarietà a Pier Luigi per il metodo Boffo, ma io al massimo uso il metodo buffo".



Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Lazio


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