Papa Francesco testimonial della lingua italiana

In italiano. Papa Francesco ha pronunciato martedì 25 novembre i suoi due discorsi, prima al Parlamento europeo, poi al Consiglio d'Europa, non ricorrendo alla lingua internazionale principe, l'inglese, né a quella più amata negli ambienti diplomatici, il francese. E non si è neppure affidato alla sua lingua madre, lo spagnolo. Ha scelto la 'lingua di Dante', l'italiano.

Non è una novità. Nei suoi viaggi internazionali, l'italiano resta sistematicamente la lingua preferita. In Brasile, Israele persino in Corea dove la lontananza oltre che geografica ma anche linguistica è più forte. A Seul, Francesco ha candidamente riconosciuto: "Il mio inglese è povero", prima di passare all'italiano. Ma non è solo una questione di confidenza linguistica.

Come ha spiegato Luigi Accattoli (Corriere della Sera del 27 maggio 2014), Bergoglio non è un poliglotta  e, a differenza dei suoi predecessori Wojtyla e Ratzinger, "preferisce evitare la fatica di esprimersi in lingue che non padroneggia". E poi, "ama presentarsi come vescovo di Roma" e nella Santa Sede la lingua d'uso è l'italiano.

Lo scegliere l'italiano come 'lingua franca' emerge con forza anche nei messaggi ‘Urbi et Orbi’ che a Natale e a Pasqua il Papa rivolge ai romani e al mondo intero. Wojtyla e Ratzinger erano arrivati a fare gli auguri in ben 65 lingue. Francesco li fa solo in italiano.

La lingua italiana torna quindi a esercitare un ruolo di primo piano nel contesto internazionale. Lo fa grazie a Papa Francesco e alla Santa Sede. Non più solo una "bella lingua" per gli amanti del nostro Paese, della cultura, storia e tradizione che l'Italia ancora oggi rappresenta nel mondo. Ma una 'lingua di comunicazione' che i cristiani di tutto il mondo riconoscono quando Bergoglio a loro si rivolge.

Una straordinaria opportunità per un nuovo futuro dell'italiano? Certamente una occasione di rilancio della nostra lingua e della nostra immagine che istituzioni e autorità hanno l'obbligo di non sprecare.


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