Quando l'assessora viene bocciata anche dalle donne

Assessore o assessora? Nell'ormai frequente discussione sulla discriminazione di genere applicata al linguaggio, proprio i ruoli istituzionali sono quelli che subiscono più facilmente l'uso delle forme maschile applicate anche alle donne. Pur rischiando di andare in contrasto con le più banali regole della nostra grammatica che normalmente richiede il genere femminile per "tutto ciò che ha un referente umano femminile".

Sorprende quindi che a Sesto San Giovanni, nel milanese, nella giunta con prevalenza femminile (4 assessori/e su sette) non prevalga invece un comune sentire al femminile. Ma anzi, vi siano due fazioni, come riporta il sito NordMilano24.it.

Da una parte le "assessore" Rita Innocenti ed Elena Iannizzi che declinano al femminile dicendo "assessora", dall'altra gli "assessori" Roberta Perego e Virginia Montrasio, che al contrario prediligono l'uso al maschile di "assessore" anche per le donne.

Per le prime declinare il termine al femminile equivale a un chiaro riconoscimento di quanto fatto dalle donne altrimenti sminuito nell'uso di un termine maschile; non si tratta di usare un termine maschile, replicano le seconde, ma un genere neutro in quanto la parola assessore indica una carica attribuita a una persona per le proprie capacità e competenze indipendentemente dal genere. Il sindaco Monica Chittò avrebbe sposato la tesi al maschile (o al neutro, come sostengono Perego e Montrasio), lasciando però a ogni assessore/a la libertà di scegliere con che termine definirsi.

Storcerebbe la bocca Cecilia Robustelli, docente di Linguistica italiana presso l’Università di Modena e Reggio Emilia, autrice del recente "Donne, grammatica e media", una piccola ma agile guida su un uso corretto dell'italiano, che proprio sulla resistenza alla declinazione al femminile di molti ruoli istituzionale dedica particolare attenzione. E proprio assessore, accanto a giudice, deputato, consigliere, ministro, sindaco sono tra i titoli che incontrano maggiori ostacoli.

Scrive Robustelli che una "qualsiasi ricerca sui siti dell'Amministrazione pubblica, compresi quelli dei ministeri, fallisce, con un'unica felice eccezione: la presidente della Camera Boldrini". Altrove, o si usano formule più sfumate (la signora Ministro, la Ministro) oppure si mantiene il maschile. "Ministro, preferisco ministro", sottolineò Maria Elena Boschi a Irene Bignardi durante una intervista di qualche tempo fa.

Sorprende, quindi, ma fino a un certo punto, la divisione delle assessore/i di Sesto San Giovanni. E d'altro canto, la Giunta capitolina non è da meno. Pur ricca nella presenza al femminile (sei donne), non pare uniforme nella difesa del genere nel linguaggio, passando dalle assessore Estella Marino e Alessandra Cattoi, all'assessore Giovanna Marinelli, tanto per citare tre esempi dal sito del Comune di Roma.



Questo articolo è pubblicato sul Quotidiano del Lazio

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