Calcio: VAR è maschile, lo stabilisce l'Accademia della Crusca

Chissà se Aldo Biscardi avrebbe mai immaginato che la "moviola in campo", sua battaglia epocale, si sarebbe tradotta in una parolina apparentemente insignificante, difficile da comprendere e da declinare. Oggi, 'VAR' è entrato nell'uso comune e, amanti del calcio o meno, ormai tutti hanno imparato a conoscere questo termine, pur magari ignorandone il vero significato o il semplice fatto che in realtà è l'acronimo di Video Assistant Referee.  

Ma un dubbio ha imperversato durante tutta la scorsa stagione calcistica, prima nel corso del campionato di serie A, poi in occasione del recente Mondiale. 


"Col Var le partite durano 3-4 ore", commentava ironicamente ad ottobre 2017 l'allenatore della Juventus, Massimiliano Allegri. "La VAR ci ha tolto 8 punti", tuonava a maggio scorso il Presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis. Hanno torto? ragione? Non fraintendete, il profilo calcistico ci interessa poco qui. Quello linguistico, molto di più. Ed è il dilemma che ci siamo trascinati in questi mesi, tra commentatori, opinionisti, giornalisti e tifosi alle prese con "il VAR" e "la VAR", declinando il termine al maschile o al femminile nell'incertezza comune di quale fosse la soluzione più corretta.

Una soluzione che ora arriva grazie all'Accademia della Crusca che nel rispondere ai molti quesiti arrivati alla storica istituzione fiorentina fa finalmente luce sul 'genere' di Var attraverso l'intervento del linguista e lessicografo Marco Biffi.

Biffi ricorda come "soprattutto nelle fasi iniziali dell'introduzione di questa particolare procedura di aiuto all'arbitro in campo, si è registrata "una notevole incertezza nei mezzi di comunicazione di massa" perchè, nonostante la sigla si riferisce alla persona, "l'assitente che collabora con l'arbitro in campo per chiarire situazioni dubbie avvalendosi dell'ausilio di filmati e di tecnologie", spesso è stata riferita anche "alla tecnica, al sistema, alla strumentazione, determinando di conseguenza nel parlante medio, ma anche fra gli addetti ai lavori, un'incertezza sul genere che, va chiarito subito, è il maschile". 

Nella lingua italiana le sigle derivano il loro genere dalla parola principale ma se vogliamo ragionare esclusivamente in inglese il problema non si pone, dal momento che tutti i sostantivi della parola VAR sono maschili: video, assistant, referee. E "hanno da tempo un corrispettivo maschile italiano (video, assistente, arbitro; assistente)". 

Niente più dubbi quindi. Non completamente. Perchè come sempre saranno i comportamenti proprio di cronisti, commentatori e giornalisti sportivi a determinare la "scelta definitiva dell'articolo" da anteporre al termine VAR. 

Certo è che, conclude Biffi, "la questione del genere di VAR rimane comunque aperta: ognuno accetterà la posizione del linguista o la contesterà a seconda del proprio punto di vista, così come ogni tifoso ha sempre in mente una formazione migliore di quella schierata in campo dall’allenatore. Tutto questo in fondo è molto calcistico; e – ed è quello che conta – è il sintomo che la nostra lingua è viva".

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