Non chiamatelo più XVI, Luigi, ma 16, È più facile, si capisce meglio, niente più sforzi a decifrare. La rivoluzione, tanto per restare in tema di XVIII, anzi, 18esimo, secolo, sta avvenendo in silenzio dentro i musei - ancora chiusi - di Francia. È stata l'inviata del Figaro, tra i primissimi a poter entrare nel bellissimo Musée Carnavalet, dedicato alla storia di Parigi e reduce da quattro anni di restauro, a notare il cambiamento. Henri IV, il re delle guerre di Religione, Henri "le Grand", è diventato un inedito Henri 4. Louis XVI è 16, e il predecessore, naturalmente, 15. Per non parlare dei secoli: nel percorso cronologico del museo, ai piani superiori ci sono ormai il 16esimo, il 17esimo e il 18esimo secolo. Insomma: sono stati banditi i numeri romani. Troppo difficili e non chiari a tutti. Cosa che conferma Noémie Giard, responsabile dei servizi al pubblico del Museo: «Vediamo tutti che i visitatori leggono poco i testi nelle sale, in particolare quando sono troppo lunghi». L'idea sarebbe dunque di semplificare in modo da attirare l'attenzione del pubblico, anche quello magari meno colto. Il Carnavalet, tra l'altro, non è il primo museo a prendere questa decisione.
A quattro fermate di metro, il Louvre ha già fatto da apripista eliminando le cifre romane per i secoli e le date, ma lasciando, almeno per il momento, l'onomastica intatta per i re e le regine. L'intenzione è frutto di lunga riflessione. I quattro anni di chiusura per restaurare il bel palazzo nel cuore del Marais, è servito anche per rivedere tutti i testi esplicativi del Carnavalet, uno dei musei più gettonati per le visite scolastiche e meta obbligata di uscite culturali in famiglia. Testi e didascalie presenti sui pannelli sono stati tutti rivisti e corretti e soprattutto sintetizzati. I numeri romani sono rimasti per i re unicamente sulle spiegazioni più lunghe nelle sale di esposizione.
«No! Ma veramente!», con un grido uscito dal cuore ha accolto la notizia Giusto Traina, palermitano, docente di Storia Romana alla Sorbona, autore l'anno scorso di "La storia speciale. Perché non possiamo/are a meno degli antichi Romani" per Laterza, tradotto quest'anno in Francia da Les Belles Lettres con il titolo "Histoire Incorrecte de Rome". «Non so bene perché abbiano deciso questa cosa, ma mi pare una decisione stupidamente populista. C'è l'idea che per avvicinarsi al grande pubblico siano necessari questi eccessi. Mi piacerebbe sapere quale illuminato ha avuto la pensata». Per il professor Traina le cose stanno proprio al contrario: «II vero problema - dice - non è il pubblico, perché il pubblico, anche quello meno preparato, è sempre molto interessato al proprio passato. No: il vero problema è chi decide, sono i politici, o i dirigenti locali, quelli che in qualche modo pensano che "con la cultura non si mangia", o i "medio-colti" che pensano di poter decidere chi sa cosa, e cosa si deve insegnare e cosa no».
«Non siamo contrari alle cifre romane, ma semplicemente possono essere un ostacolo alla comprensione» dicono al Museo Carnavalet. Difficile trovare un latinista francese che sia d'accordo. «Meno cifre romane la gente vedrà in giro e meno saprà leggerle» dice semplicemente Francois Martin, professore di latino e greco e presidente del Coordinamento di inse gnanti di lingue antiche. Secondo Rober Delord, altro "militante" latinista e vicepresidente dell'associazione Arrete ton Char, sbaglia di grosso chi pensa all'ignoranza dei più piccoli: «adorano imparare le cifre romane alle elementari, perché per loro è come un gioco». Per allenarsi potranno continuare a leggere i nomi delle strade - boulevard Henri IV mantiene per ora l'iscrizione originale - verificare l'ora sul magnifico orologio della Conciergerie, il più antico di Parigi, o fare affidamento sul tifo: nessuno pensa a ribattezzare la nazionale di rugby, gli amatissimi XV de France.
(Fonte: Il Messaggero)
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